Messina - Savio

Riflessione sulla pandemia a cura di don Gianni Russo

Sul dolore, le privazioni, le emozioni e i valori sperimentati

Articolo della giornalista Rachele Gerace apparso sulla Gazzetta del Sud


Tra i tanti “punti di vista” di questi ultimi giorni. le riflessioni e le posizioni, abbiamo voluto condividere il pensiero di don Gianni Russo, direttore scientifico del Master in bioetica dell’Istituto teologico “S. Tommaso, docente e direttore dell’Istituto “Domenico Savio”.

Messa e Eucarestia: religiosi e laici, voci autorevoli e non, manifestano disappunto (non tutti a dire il vero) per questa limitazione eccessiva che vede nella chiusura delle chiese al culto un segno eloquente. Qual è il limite fra bisogni spirituali e bisogno di riaprirsi alla socialità anche attraverso il culto condiviso?

I credenti vivono questi giorni con senso di responsabilità, nelle proprie case, consapevoli che l’esperienza della fede è rincontro con lo Spirito Santo, che ti consegna la pace e la gioia di Gesù. Questi sono stati e rimangono i giorni della “verità” della nostra fede, della “qualità spirituale” del nostro credere. Il cristiano cattolico sente la Comunità di fede di appartenenza, la parrocchia, la rettoria, il santuario, l’oratorio, non lontani, ma vicini. Questa prova ci unisce tutti spiritualmente nell’invocazione della preghiera. Nell’offerta del sacrificio unito a quello di Gesù. Le chiese non sono chiuse e quelle in prossimità della propria abitazione possono essere visitate per la preghiera personale e l’Adorazione. Le pratiche di fede “domestiche” sono fondamentali per il credente e per la famiglia, ma non possono sopperire a quella fame di Pane eucaristico reclamata da molti. L’aspetto rituale, la celebrazione della messa non sono secondari: sono la modalità concreta del nostro essere Corpo di Cristo che si unisce a Lui. nel rendimento di grazie al Padre. Tutto questo attualmente è sofferto, perché – al di là delle funzioni in streaming – la comunità non si ritrova fisicamente e non può nutrirsi del Corpo e del Sangue di Cristo. I primi cristiani erano pronti al martirio per recarsi alla celebrazione, era qualcosa di irrinunciabile, senza la quale, dicevano: “non possiamo vivere. Ora il grido dei credenti rivolto alle autorità ecclesiastiche e civili è proprio questo: “non possiamo continuare cosi, per noi la messa è vita!”. Come per altri aspetti della Fase 2 (di per sé molto più rischiosi come l’utilizzo dei trasporti pubblici), è possibile riprendere la celebrazione della Messa nel rispetto delle norme di sicurezza. Certo è da evitare la polemica con le autorità civili, occorre un dialogo aperto, senza trascurare che le scelte del settore religioso – visto il Concordato vanno fatte d’intesa e questo l’autorità pubblica non dovrebbe trascurarlo.

C’è anche chi dice che il cristiano dovrebbe “rileggere” se stesso alla luce della pandemia: come comprendere la fede in questo tempo di prova?

«Quanto il mondo intero sta vivendo è per il cristiano un luogo d’incontro con Dio. Non possiamo non “rileggere” noi stessi alla luce della pandemia ma che cosa “significa”? È avvenuto per caso? Alla luce del messaggio di Cristo, non possiamo pensare che sia una vendetta divina, anche se ci sono piccoli gruppi cristiani che la pensano cosi. Il Dio di Gesù Cristo non è il Dio della vendetta, ma della misericordia, dell’amore, che non vuole la morte dei Suoi figli. Il cristiano sente che il Creatore ha affidato all’uomo la Terra come un bel giardino da coltivare e dove vivere con gioia: questo però l’ha deturpata, violata. In alcuni ambiti uccisa (agricidio). Questo tempo di Covid, a prescindere da ogni dato biologico, ha un suo significato umano e di fede che non va trascurato. Passata la pandemia, non dovremmo continuare a stare nella casa comune, la Terra come abbiamo fatto finora; occorre un nuovo stile di convivenza locale e di politiche ambientali e sanitarie globali».