L’oratorio di Mare Fuori

Tra quelle mura dell’ipm a picco sul mare, i ragazzi hanno l’occasione di navigare nel loro mare interiore, crescere, innamorarsi e correggersi.

Otto milioni di visualizzazioni e tre milioni e cinquecentomila ore di visione: sono i dati che raccontano, a sole 24 ore dal lancio dei primi sei episodi della terza stagione, lo straordinario successo ottenuto da ‘Mare Fuori’, una serie prodotta da Rai Fiction e Pico Media girata all’interno della base navale della Marina Militare sita in via Acton, a Napoli.

Sul sito Rai – Ufficio Stampa si legge: “Circa 12 milioni di visualizzazioni per un totale di 5,7 milioni di ore viste: sono i numeri record che la serie ha ottenuto nella sola giornata del 13 febbraio, nella quale, a mezzanotte, sono stati pubblicati i 6 episodi che completano la terza stagione”.

Nella terza stagione di Mare Fuori i protagonisti sono cresciuti e, molto più maturi, si ritrovano a riflettere sulle scelte da intraprendere per poter affrontare in modo migliore la loro vita e poter decidere il loro ruolo di adulti nel mondo, con l’obiettivo di conquistarsi un futuro più dignitoso.

È proprio nel passaggio dall’adolescenza alla maturità che l’amore e il desiderio di amare ed essere amati, saranno la chiave con la quale riusciranno ad acquisire maggiori consapevolezze. Non mancherà certamente il loro bisogno di conquista di libertà, che spingerà i protagonisti a vivere forti emozioni.

LA TRAMA

La storia è ambientata a Napoli, ancora roccaforte della criminalità organizzata.

La serie racconta vite di ragazzi minorenni, svolte all’interno di un IPM (Istituti Penali per i Minorenni), dove si trovano per aver commesso dei reati. Sono ragazzi come tutti gli altri, ragazzi che hanno un cuore, forse apparentemente più impermeabile rispetto al nostro, questo a causa del loro passato, delle circostanze di vita che, seppur così giovani, si sono trovati a vivere e ‘respirare’.

I giovani che seguono la serie, facilmente si riconoscono nei personaggi, si riconoscono nel loro desiderio di una vita migliore. ‘CI STA’ O MAR FOR’: ecco il loro motto e motore quotidiano. Quel mare che biblicamente rappresenta la ‘morte’ (cfr. AT), per loro rappresenta la morte ad una vita malavitosa e la rinascita a vita nuova; rappresenta una speranza da perseguire, nonostante ciò comporti andare contro gli ideali e i componenti della loro stessa famiglia. I ragazzi si ritrovano spesso ad affacciarsi alla loro finestra e, da dietro le sbarre di ferro, ormai arrugginite, mirano il mare e sembra quasi volessero dire, come i discepoli spaventati dalla tempesta, «Salvaci, siamo perduti!» (Mt 8, 27).

La direttrice del carcere Paola e l’ufficiale penitenziario Massimo (O’ Cummannante), insieme agli altri agenti e agli educatori, si sforzano di aiutare questi ragazzi a maturare e, soprattutto, a far capire loro che esiste un’alternativa a quella che le loro famiglie gli hanno sempre proposto.

Efficaci le riprese in stile travelling, nelle quali il movimento della macchina da presa avviene in base al movimento del personaggio. Esso, infatti, procede a sbalzi, manca alle volte di fluidità, ma permette al telespettatore di addentrarsi all’interno della scena e di “sentirla” e viverla per davvero.

PERCHÉ “L’ORATORIO” DI MARE FUORI?

Sin dalla prima stagione, è stato facile per me guardare a questo IPM come ad un tipico oratorio salesiano situato nei quartieri più difficili e malavitosi delle città in cui la realtà salesiana è presente. Ciò che ha sempre più confermato questo mio modo di interpretare la serie non è tanto il fatto che all’interno dell’IPM ci siano i ragazzi più difficili e i più ‘scartati’ dalla società, bensì il fatto che ci siano delle persone adulte al loro fianco che mostrano loro mero affetto, che credono in loro, piangono con loro e si spendono per loro.

In modo particolare la terza stagione ha proprio questo ‘sapore salesiano’!

Basti guardare alle molteplici battute che rimandano a riferimenti salesiani o biblici.

IL “DIRETTORE DELL’ORATORIO”

Carolina Crescentini interpreta il ruolo della direttrice dell’IPM: Paola Valenti.

Ripensiamo all’arrivo in IPM della direttrice, inizialmente era molto rigida, col passare del tempo ha avuto modo di conoscere i ragazzi, cambiando anche il suo approccio. Infatti, ha imparato a tener conto della legge dei cuori di quei ragazzi, prima di tener conto della legge giudiziaria, al punto di trascorrere giornate intere all’interno di quell’istituto, proprio come un buon salesiano, direttore di un oratorio.

Il cuore salesiano della direttrice è in continuo divenire, col passare delle 3 stagioni e, a parer mio, tocca l’apice proprio nella terza. Dopo la morte di Viola, radunerà i ragazzi nella cappellina dell’IPM, tenendo un discorso davvero commovente: «Alla vostra età è vietato perdere la speranza, perché può cambiare tutto. Oltre a tutto il tempo che avete ancora davanti, c’è un ingrediente segreto che rende possibile questo cambiamento, sapete qual è? È l’AMORE. […] Io non ho figli e ho cercato di dare a voi quello che probabilmente avrei dato a loro. L’amore per voi mi ha reso forte, ma anche tanto fragile. […] Vi chiedo un’ultima cosa, una promessa: prendete in mano la vostra vita e rendetela meravigliosa» (St. 3, Ep. 7).

È palese che nell’ultima frase, la direttrice Paola, sembri rifarsi a quanto disse Papa Giovanni Paolo II ai giovani radunati il ​​20 ottobre 1985 a Cagliari: “Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”.

In una intervista rilasciata a Napoli Today l’attrice ha dichiarato “Il minorile è un luogo di trasformazione, un luogo dove imparare delle cose, dove poter crescere diversi e dimenticare gli errori fatti o, quanto meno, trasformarli in qualcosa da non ripetere.”

La vediamo sempre all’interno dell’IPM, arriva al mattino presto e alla sera tardi rientra a casa con il suo taxi. Forse vi sembrerà forzato, ma, diverse scene, non vi ricordano Don Bosco?

Quel Don Bosco spesso seduto sulla scrivania fino a notte fonda per scrivere ai ragazzi, il Don Bosco pronto a non mollare mai, nonostante le difficoltà, quel Don Bosco che prese in considerazione il vissuto di ogni singolo ragazzo.

Beh, in fin dei conti Paola è come il Don del nostro oratorio: quando arriva sembra essere rigido perché porta con sé l’esperienza precedente, ma pian piano si scioglie, ponendo attenzione alle persone che si ritrova dinanzi. Quel don che, pur se stanco, la sera non rimanda il lavoro che ha, che trova instancabilmente una soluzione per offrire un’alternativa migliore ai suoi ragazzi. Dirà la direttrice: «Noi abbiamo il dovere di essere diversi, di dimostrare che esiste un’alternativa, ma recuperare questi ragazzi non è possibile se fuori di qui nessuno fa qualcosa per loro. Sono soli e cercano disperatamente una famiglia a cui appartenere» (St 3 Ep 7). Ditemi o no se questa non sembra una versione dei giorni nostri di quanto Don Bosco scrisse nelle sue memorie riferendosi ai ragazzi del carcere torinese del 1800: «Questi ragazzi dovrebbero trovare fuori un amico che si prenda cura di loro […] allora non tornerebbero a rovinarsi o almeno sarebbero ben pochi a tornare in prigione».

 

LA GUIDA SPIRITUALE E CONFESSORE

Carmine Recano interpreta il comandante dell’IPM Massimo Valenti. Anche lui è un altro gran salesiano! Potremmo definirlo la guida spirituale, il confessore dei ragazzi.

Il comandante rappresenta un punto di riferimento per i detenuti, una persona di cui ci si può fidare. È il ‘Don Bosco’ napoletano che riesce a leggere i cuori dei ragazzi. Sa aspettare e al momento giusto agire. Vi ricordate quell’episodio in cui Don Bosco chiamò un ragazzino per parlare e alla fine lo fece inginocchiare e lo confessò? Inizialmente quel ragazzino non voleva proprio saperne, ma Don Bosco riuscì a raggirarlo, dicendogli di aver bisogno di lui per un affare. Il ragazzo, dopo esser stato confessato, riconobbe la bravura di Don Bosco, che riuscì a scovare il modo migliore per coinvolgerlo e, infine, farlo confessare. È più o meno è questo il ruolo del comandante. Interrompe il gioco dei ragazzi, li chiama in disparte, a volte li scuote persino con qualche urlo e riesce a intraprendere una conversazione con loro. Nonostante con alcuni non sia per nulla facile e deve riprovarci più volte, alla fine riesce sempre a farli ragionare e dar loro una buona parola.

Nell’episodio dieci della terza stagione, lo vediamo rischiare la vita per salvare Edoardo, coinvolto in una sparatoria mentre, già ferito, cerca di varcare il cancello dell’IPM con un motorino rubato per fuggire dagli attentatori. So che anche tu hai pensato a Don Bosco che dice «Per voi sono disposto anche a dare la vita».

Nell’undicesimo episodio, in una conversazione con la nuova direttrice dell’IPM, Sofia, che lo definisce ‘coraggioso’ nell’aver rischiato di morire, lui risponde: «Non è il coraggio Sofia, è amore per quello che faccio. Chi sta qua dentro sarà pure sbagliato, ma sono comunque dei ragazzini e devono essere aiutati». Il comandante, in una conversazione con Liz, un’agente penitenziaria interpretata da Anna Ammirati, dirà ancora: «Solo chi si sporca le mani può salvare la vita di qualcuno» (St 3, Ep 12), e «ne vale sempre la pena, anche se riusciamo a salvarne uno su cento» (St 3, Ep 10). Sotto interrogatorio, durante l’ispezione del ministero, dice: «Qui dentro ognuno di noi fa il possibile per aiutarli e per riuscirci devono fidarsi e l’unico modo per farlo è volergli bene» (St 3, Ep. 7).

Filippo, un altro dei protagonisti, al momento di salutarlo, prima di essere trasferito all’IPM di Milano, gli chiede: «Chi te la dà la forza di stare qui tutti i giorni e fare quello che fai?» e lui risponde: «Sei tu, Carmine, Pino, ognuno di voi ha qualcosa di speciale e io lo cercherò finché non lo trovo» (St 3, Ep. 12).

Sicuramente ci sarete arrivati da soli, ebbene, questa sembra essere la famosa frase di Don Bosco: «In ogni giovane anche il più disgraziato vi è un punto accessibile al bene e primo dovere dell’educatore è di cercare questo punto, questa corda sensibile del cuore per trarne profitto». (GB Lemoyne, Memorie Biografiche di San Giovanni Bosco, V, 367.)

Credo che non occorra aggiungere altro su questo personaggio, sembra proprio essere cresciuto in uno dei nostri oratori salesiani.

GLI ANIMATORI DELL’ORATORIO

Massimiliano Caiazzo incarna il tormentato, ma saggio Carmine Di Salvo. Nella terza stagione lo ritroviamo più maturo, responsabile e pronto a migliorarsi per la sua piccola bambina: Futura. Carmine fa parte di una delle famiglie che comandano la scena camorrista napoletana, in contrapposizione ad un’altra influente famiglia, quella dei Ricci. Carmine non ha mai condiviso gli ideali e il modo di comportarsi della sua famiglia, anzi non fa altro che allontanarsene.

Carmine trova una famiglia all’interno dell’IPM e, in modo particolare, trova dei genitori nelle figure della direttrice e del comandante. Questo si evince anche da alcune sue espressioni: «Il comandante è come se fosse un padre per me» (St 3, Ep 7); quando saluta la direttrice Paola le dice: «Sei stata la mamma migliore» (St. 3, Ep. 8).

All’interno del carcere vi è, quindi, un vero e proprio clima familiare. Don Bosco nella lettera da Roma scrive: «La familiarità porta amore e l’amore porta confidenza”. Questo lo avevano capito bene il comandante e la direttrice.

Sarà proprio questo clima e quell’amore fraterno e sincero a far maturare l’animo puro di Carmine, diverso da quello della sua famiglia di appartenenza. Quell’amore gli permetterà di fidarsi degli educatori e nutrire nei loro confronti piena confidenza. Nella terza stagione lo vediamo come un braccio destro del comandante. Quest’ultimo lo incaricherà, infatti, di andare a fondo a determinate questioni.

Forse, nelle prime due stagioni, avremmo avuto modo di pensare che Carmine fosse il Bartolomeo Garelli di turno, ma dopo aver visto la terza stagione sembra chiaro quanto lui sia il Michele Rua dell’IPM. In qualche modo, diversi personaggi ‘fanno a metà’ con Carmine, in modo particolare il comandante, che come ho detto prima, gli ‘consegna’ il testimone di educatore. Sarà Carmine stesso, dettato dalla sua volontà, ad aiutare i propri compagni di cella facendogli comprendere che loro, se vogliono, possono essere diversi.

Dunque, ciò che trasformerà totalmente Carmine sarà l’Amore. In primis l’amore genuino nutrito per Nina, sua moglie, dalla quale ha avuto una figlia: Futura. Nonostante il dolore per la morte di Nina, riuscirà ancora a lottare prendendo la sua vita in mano, avviando un processo di perdono verso sé stesso e verso gli altri, rialzandosi e riuscendo a riprovare amore verso sé stesso e non solo. Dopo un intenso e lungo percorso, capirà che ciò che ha fatto scaturire l’odio nel suo cuore non è dato da una sua colpa e che, dunque, sarà chiamato ad accettarlo, prendendo il controllo delle proprie scelte. La sua ferita emotiva diviene una via d’accesso universale al bisogno di saziare quella fame di Amore. Spiccherà infatti la sua generosità, mettendo la sua ‘luce’ a servizio degli altri, anziché custodendola gelosamente. Riuscirà, infatti, a far ragionare Rosa Ricci, personaggio interpretato da Maria Esposito, figlia della famiglia camorrista in guerra con la sua. È proprio Rosa la ragazza di cui Carmine si innamorerà e proprio qui viene il bello! La loro love story propone una disamina attualissima dell’opera shakespeariana “Romeo e Giulietta”. Se certe storie conquistano ogni sorta di pubblico, è per via di una falla tragica comune, ovvero la loro impossibilità di amarsi. Rosa si domanda: «tu sei un Di Salvo… ca’ futur’ tenimm’ io e te? (che futuro abbiamo io e te?)», e lui risponde: «e tu sei una Ricci… Pittamml’ nsiem stu’ futur! (dipingiamolo insieme questo futuro)» St. 3, Ep 11). A quel fondo di guerra, i due contrappongono una storia d’amore genuina e sincera, che diviene il trampolino di lancio per centinaia di sogni, quasi come se quel mare che bramavano da dietro le sbarre, l’avessero conquistato. «M’e ‘ppicciat l’anima» (St. 3, Ep. 10), ebbene si, l’uno accenderà l’anima dell’altra.

Ma non sempre tutto fila liscio. Così come i due protagonisti di Shakespeare, Carmine e Rosa, nell’ultima puntata, lottano nel decidere tra la Vita e la morte, uccidere o essere uccisi, nonostante confessino di amarsi. Le loro famiglie saranno ‘vittime’ del loro amore, e loro saranno ‘vittime’ delle loro famiglie: è proprio qui il dramma.

E se è vero che in oratorio troviamo gli amici migliori, che ci accompagneranno lungo la vita, anche Carmine trova all’interno dell’IPM il suo migliore amico. Questo è Filippo Ferrari, interpretato da Nicolas Maupas.  È un ragazzo milanese, proveniente da una famiglia benestante con un futuro promettente da musicista. Si trova in carcere a causa di un tragico errore che porta alla morte di un suo amico. In carcere scopre la vera amicizia e il vero amore. Un amore che lo libera, in tutti i sensi. Con Carmine condividerà i suoi momenti più difficili ma anche quelli più belli, come l’innamoramento per Naditza, interpretata da Valentina Romani. Naditza è una zingara che vive a Napoli, che preferirà la prigione alla sua famiglia, che tenta in tutti i modi di farla sposare per scopi economici. La loro storia inizia per gioco, a mo’ di scommessa. Sarà l’amore per la musica a legarli. Beh, quante volte nascono degli amori in oratorio durante qualche laboratorio pomeridiano o durante l’attività estiva?! Ciò che ci accomuna con gli altri, inizialmente, è sempre una passione. Il loro amore li porterà a fuggire dall’IPM, anche se, nella terza stagione, vedremo che non filerà tutto liscio. Alla fine Filippo ritornerà da ‘papà’ Carmine. Quest’ultimo, proprio come nella parabola del figliol prodigo, lo accoglierà senza giudicarlo o condannarlo.

Ogni oratorio ha il folle di turno. Ebbene si, qui abbiamo Pino ‘o Pazzo interpretato da Artem. Lui non appartiene a nessuna organizzazione criminale. Di animo molto libero, ha difficoltà a rispettare le regole, buone o cattive che siano. L’amicizia con Filippo prima e Carmine dopo, gli aprirà nuovi orizzonti. Nelle tre stagioni lavorerà nella gestione della propria rabbia e questo gli permetterà di innamorarsi. Lui e Kubra, interpretata da Kyshan Wilson, sono sempre più vicini e necessari l’uno all’altra.

Ed infine, non possiamo che menzionare la ‘peste’ dell’oratorio, ossia Edoardo Conte, interpretato da Matteo Paolillo. Egli è l’autore della bellissima sigla ‘O Mar For. Si trova in IPM perché condannato per spaccio. È il classico ‘donnaiolo’, quell’animatore che durante un intero Grest flirta con più ragazze possibili. Edoardo è l’erede di Ciro Ricci, interpretato da Giacomo Giorgio, e vuole compiere il loro progetto, quello che avevano sempre sognato: conquistare l’intera Napoli. Peccato che il suo cognome non è quello dei Ricci e questo gli costerà un prezzo davvero troppo alto. Purtroppo Edoardo è il classico ragazzo testardo, quello che non vuole ascoltare i consigli. Ne conosciamo di oratoriani che non stanno mai a sentire il don e alla fine finiscono per cacciarsi nei guai.

Ricapitolando, l’oratorio salesiano di Mare Fuori è:

  • Casa che accoglie: ognuno di loro ha trovato una famiglia che gli ha cambiato la vita, adulti o ragazzi che siano;
  • Scuola che avvia alla vita: è una palestra continua in cui le lezioni più grandi saranno le testimonianze dei loro educatori;
  • Chiesa che evangelizza: seppur non vi siano episodi dedicati interamente ad un credo religioso, vi sono esempi lampanti e rimandi cristiani che portano a riflettere sulle nostre vite;
  • Cortile per incontrarsi da amici: hanno un bel campo di calcio in cui potersi divertire e certamente non mancano le occasioni per stringere legami che li segneranno per un’intera vita.

Una delle frasi che spesso mi viene rivolta è: “Ma chi te lo fa fare, alla tua età, aver lasciato tutto per diventare un salesiano?” Mi sembra un po’ la stessa, posta alla direttrice Paola, alla quale lei risponde: «Cosa stiamo a fare qui? A provare e riprovare, finché non ne salviamo uno!» (St. 3, Ep. 5)

Ebbene, come Don Bosco, anche la serie ‘Mare Fuori’ ha come obbiettivo la salvezza della gioventù!

Cari ragazzi siate giovani capaci di mirare lo sguardo fuori dalle sbarre del vostro cuore per godere di quel mare che sta fuori e che diviene dono di Dio e motivo di riscatto.

Insomma, la vita è fatta di scelte: esse sono la forma concreta che le intenzioni assumono di fronte il particolare della vita. Ogni scelta comporta una responsabilità. Ma ricordate che nel fare una scelta l’unico ostacolo che abbiamo siamo noi stessi!

Tutti ci svegliamo la mattina per migliorare e per essere migliore devi iniziare a cambiare ed essere coraggioso. Per essere un buon amico, devi dare presenza, per essere un buon amante devi dare attenzioni. Si può scegliere a chi o a cosa ispirarsi. C’è sempre un’alternativa migliore, un’alternativa capace di “farti appiccia’ l’anima”. Cerchiamo di scovarla e, una volta trovata, toccherà a noi sceglierla, con l’obiettivo di perseguirla ogni giorno della nostra vita!!!

Orazio Moschetti SdB