Dopo anticipazioni e smentite, indiscrezioni e conferme, è ormai certo che in Sicilia la stragrande maggioranza degli alunni non tornerà in classe lunedì prossimo, ma continuerà a seguire le lezioni a distanza. La decisione, certamente sofferta, . funzionale, ancora una volta, a diminuire gli spostamenti e a limitare quindi il trasporto pubblico, in un momento in cui l’indice di positività è tra i più alti d’Italia. Chi, dunque, aveva creduto che la chiusura stabilita lo scorso ottobre, fosse stata una disposizione provvisoria, adottata nell’attesa di trovare e applicare soluzioni vere ed efficaci, si è sbagliato. E’ triste dirlo e ancor più constatarlo, ma purtroppo, dopo un anno dall’insorgere del problema, ci troviamo esattamente come dodici mesi fa. Nonostante le indicazioni ministeriali diramate in estate, in linea di massima, abbiano funzionato, se è vero che, dal 24 agosto al 27 dicembre 2020, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la scuola ha inciso mediamente per non più del 2% sul totale dei focolai in Italia.
Poiché le aule sono ormai ritenute dalla maggior parte degli esperti luoghi sicuri, la partita si giocherebbe fuori, dove risulterebbe assai difficile riuscire a controllare i movimenti di circa mezzo milione di studenti, prima e dopo l’orario scolastico. A riguardo, però, non si può certo dire che siano mancati i suggerimenti (finora inascoltati), se non proprio per risolvere, quanto meno per ridurre i rischi. Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, aveva consigliato, ad esempio, di sfalsare l’ora di inizio delle lezioni, da lasciare alle 8 del mattino, e l’apertura di uffici e negozi, da posticipare alle 9. Già in autunno si era proposto di impiegare i bus da turismo, costretti da mesi all’immobilità, come mezzi urbani. Le amministrazioni locali potrebbero istituire delle navette, destinate all’esclusivo trasporto degli scolari, con l’impiego di soli posti a sedere, adeguatamente distanziati. Per non parlare dei piccoli comuni, in cui docenti e discenti solitamente si muovono a piedi, la popolazione scolastica è piuttosto bassa e, tuttavia, non potranno riprendere in presenza, malgrado le difficoltà di connessione a internet, che si riscontrano in molte aree interne della provincia.
Nessuno vuole sottovalutare il problema o dubitare della buona volontà e degli sforzi delle autorità politiche e sanitarie, impegnate da mesi a gestire la prima pandemia del XXI secolo. Ma non v’è dubbio che questa situazione sia conseguenza di un sistema, non di un governo, che negli ultimi decenni non ha mai considerato una priorità l’educazione dei ragazzi. Quando, anni fa, un ministro della Repubblica disse che con la cultura non si mangia, tanti si strapparono le vesti e cercarono di smentirlo, adducendo argomentazioni ed esempi ritenuti lampanti: il turismo, i musei, l’editoria, il cinema, il teatro. L’economista Paola Dubini, addirittura, scelse quell’espressione infelice come titolo di un libro, uscito nel 2019, per la Laterza. Forse bisognava spiegare che la cultura è un valore in sé, a prescindere dalle sue possibili implicazioni redditizie e che andrebbe tutelata e sostenuta anche se non arrecasse alcun beneficio all’economia. Noi stiamo pagando gli effetti di quella mentalità., che risulta essere molto pi. diffusa e radicata di quanto sembrasse allora. Parafrasando un altro politico “illuminato” contemporaneo, potremmo dire che gli alunni, come gli anziani, possono continuare a rimanere a casa, giacché. non risultano indispensabili allo sforzo produttivo del Paese. E dire che Aristotele poneva in cima alla classifica delle scienze, quelle teoretiche come la metafisica, proprio perché “inutili”, ossia valide sebbene non servano a realizzare qualcosa di concreto o di conveniente, come invece la politica, la retorica o la poetica.
Lasciare per due anni consecutivi, gran parte dei nostri ragazzi senza una adeguata preparazione, potrebbe avere una ricaduta generale sulla tenuta e sull’efficienza di tutta la società. L’emergenza sanitaria ha mostrato l’importanza delle professionalità, dal punto di vista delle abilità e della deontologia, dimensioni che richiedono entrambe percorsi formativi impegnati e costanti. Anche il deterioramento delle relazioni interpersonali, soprattutto a livello mediatico, è indice di un’involuzione culturale, che non può più essere sottovalutata. Se è comprensibile che la guerra al coronavirus assorba molto tempo e attenzione, costringendo pure a decisioni drastiche, non si pu. trascurare quella contro l’insipienza e la volgarità, che sono altrettanto pericolose e diffusive.
A chi ha la gravosa responsabilità di decidere ci permettiamo allora di offrire uno spunto di riflessione tratto dal celebre romanzo L’uomo che ride, al cui narratore Victor Hugo attribuisce il seguente ragionamento: “Ma perché mai il popolo così ignorante? Perché deve esserlo, diamine! L’ignoranza è la custode di ogni virtù; dove non c’è alcuna prospettiva non c’è ambizione di sorta; sicché l’ignorante è come avvolto dalle ombre di una notte benefica che, impedendogli di vedere, gli toglie qualsiasi desiderio e gli dà l’innocenza. Chi legge pensa e chi pensa ragiona; ma il non ragionare è un dovere e anche una fortuna.”
Articolo tratto dall’edizione cartacea del GDS del 9 gennaio 2021