L’arcivescovo salesiano di Rabat: il “Documento sulla fratellanza umana” ora deve prendere vita nelle comunità

A poche settimane dalla visita di Papa Francesco in Marocco, monsignor Cristobai Lopez Romero commenta il testo firmato ad Abu Dhabi

Riceviamo e pubblichiamo un articolo apparso su Vatican Insider del quotidiano “La Stampa”, riguardante il commento dell’arcivescovo salesiano spagnolo Cristobai Lopez Romero sul “Documento sulla fratellanza umana”.


Foto infoans dell”arcivescovo di Rabat, Cristobal Lopez Romero

«Sono grato a Dio per la storica visita di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti: i suoi gesti e le sue parole mi hanno colpito e procurato grande letizia. Il 4 febbraio, poche ore dopo essere stato firmato dal Papa e da Ah am ad Al-Tayyeb, ho letto con viva emozione il “Documento sulla fratellanza umana”: penso sia un testo di grande forza ed estremamente opportuno: è un ponte solido in un mondo segnato da profonde divisioni, scontri, muri. Questo Documento, così limpido, è un segnale inequivocabile per il mondo e rappresenta un progresso di enorme importanza per l’edifìcazione della pace, la tutela della dignità di ogni essere umano e la convivenza fra i popoli».

Sono parole dell’arcivescovospagnoloCristobai Lopez Romero: salesiano, 66 anni, guida la diocesi di Rabat, in Marocco. Questo Paese – che il Papa visiterà il 30 e il 31 marzo prossimi – ha 37 milioni di abitanti, in larghissima maggioranza musulmani sunniti di rito malachita, che l’arcivescovo definisce «molto moderati». I cattolici, tutti stranieri, rappresentano una minoranza molto esigua e fanno capo a due diocesi: quella di Tangeri, la più piccola, e quella di Rabat, il cui territorio è più grande di quello italiano (vi risiedono 33 milioni di persone). I cattolici, di circa 100 nazionalità, sono 25/30mila, con un’età media di 35 anni.

Mentre mancano alcune settimane all’arrivo del Pontefice a Rabat, in questa conversazione con Vatican Insider l’arcivescovo Lopez commenta il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” firmato da Papa Francesco e dal grande imam dell’università di Al-Azhar del Cairo.

Quali affermazioni del Documento l’hanno maggiormente colpita?
«Sono tre. Anzitutto il punto nel quale si afferma: “Noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione”. Ritengo importantissimo che sia stato affermato in modo così chiaro che il nome di Dio non può essere usato per giustificare la violenza. Nel Documento è inoltre sottolineata con forza la vocazione alla pace che accomuna le religioni. Si “attesta la forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace; a sostenere i valori della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune; a ristabilire la saggezza, la giustizia e la carità e a risvegliare il senso della religiosità tra i giovani”. E ancora si legge: “Dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue”. Inoltre mi hanno particolarmente colpito le dettagliate indicazioni offerte nella parte finale del Documento per tutelare pienamente la dignità di alcune categorie di persone vulnerabili: “le donne, i bambini, gli anziani, i deboli, i disabili, gli oppressi”. La Chiesa cattolica marocchina si spende molto e da lungo tempo per prendersi cura di queste persone attraverso molteplici progetti. Penso che questo Documento sulla fratellanza manifesterà tutta la sua forza nel tempo se anche noi cattolici ci impegneremo a diffonderlo con ogni mezzo e a farlo nostro. Non possiamo lasciare che resti sui nostri tavoli a prendere polvere: deve prendere vita nelle comunità umane».

Il nome di Dio – come lei ricordava poc’anzi citando il Documento – non può essere usato per giustificare la violenza: questa affermazione è generalmente condivisa dal popolo marocchino?

«Direi proprio di sì. Per un’ampia maggioranza di marocchini è un principio conquistato da tempo. Il Documento firmato dal Papa e dal grande imam di Al-Azhar – il quale, pur non essendo la somma e unica autorità del mondo islamico sunnita è indubbiamente una riconosciuta autorità morale anche in Marocco -sosterrà i fedeli e rafforzerà questa loro convinzione».

Come intende diffondere il Documento in Marocco?
«Oltre ad aver già preparato un progetto che affiderò ai direttori delle quindici scuole cattoliche della diocesi affinché in questi mesi lo promuovano tra gli studenti, ho pensato che durante il prossimo anno scolastico “la fratellanza umana” sarà il tema che verrà approfondito e sviluppato in queste nostre scuole, frequentate complessivamente da 12mila alunni. Non mancherò inoltre di farlo conoscere nelle parrocchie e nei gruppi impegnati a servizio dei più poveri. Valuteremo anche la possibilità di organizzare incontri e colloqui con autorità religiose musulmane ed ebree sul tema della fratellanza. Queste sono le prime iniziative cui ho pensato, ma certamente ne avvierò altre tenendo conto di ciò che dirà Papa Francesco durante la visita in Marocco».

Quale impatto immagina avrà questo Documento sul popolo marocchino?
«Molto dipenderà anche da ciò che emergerà durante la visita del Papa in Marocco. Mi limito a formulare un’ipotesi, ma tengo a sottolineare che non ho alcuna informazione al riguardo: se il re Mohammed VI dovesse sottoscrivere il Documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi o un documento analogo è facile immaginare che esso sarà introdotto anche nelle scuole statali, nelle università, nel percorso di formazione degli imam e ciò avrà un impatto notevole sulla popolazione. Giova ricordare che il re del Marocco non è solo la somma autorità politica del Paese, è anche la massima autorità religiosa: ha infatti il titolo di “Commendatore dei credenti” e in questa veste ha il compito di proteggere anche i cristiani e gli ebrei e di garantire loro la possibilità di praticare la fede».

E quale impatto pensa avrà sulla comunità cattolica che vive in Marocco?
«I fedeli cattolici si sentiranno sostenuti e molto incoraggiati a proseguire nel cammino intrapreso con convinzione ormai da molti anni. La Chiesa cattolica in Marocco vuole essere una Chiesa pienamente incarnata nel territorio: una Chiesa che, quindi, in molti modi si prende cura di tutto il popolo e non solo “dei suoi” (come Gesù ha insegnato). Il Documento, confermando che siamo sulla strada giusta, ci spronerà a operare con rinnovato impegno».

Quale significato riveste l’imminente visita del Papa?
«E un evento importantissimo per questo Paese. Il fatto che il Papa e il re nella sua veste di “Commendatore dei credenti” si incontrino, intenzionati a lavorare insieme per la pace e l’edificazione di un mondo più giusto, è un segnale buono non solo per il popolo marocchino ma per l’intera famiglia umana. Noi cattolici aspettiamo Francesco a braccia aperte desiderosi di poter stare con lui, essere confermati nella fede e ricevere la sua benedizione. Questa visita rappresenta un incoraggiamento ad andare avanti con fiducia e il riconoscimento della vitalità delle nostre comunità che molto si spendono in campo sociale, educativo, culturale, e non mancano di prendersi cura delle persone più sole e vulnerabili».

Fonte su lastampa.it