Conferenza del Cardinale Lorenzo Baldisseri
Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi
Roma, 22 settembre 2018
L’orizzonte vocazionale del Sinodo
Chiamata di Dio, scelte di vita e prospettive educative
Ringrazio di cuore dell’invito a partecipare a questo vostro Congresso Internazionale. Mi rallegro per l’iniziativa e sono contento di essere qui con voi a condividere il cammino sinodale in atto.
Vorrei, nel mio breve intervento, inserire la tematica del vostro Congresso – “Giovani e scelte di vita” – all’interno del percorso che la Chiesa universale sta vivendo in preparazione al Sinodo ormai alle porte. Un Sinodo dal tema molto esplicito: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale.
Mi sembra infatti molto importante non perdere la delicata e necessaria articolazione dell’insieme del lavoro che si sta facendo, mettendo la tematica della “scelta” in dialogo con la dinamica “vocazionale” e mettendo in relazione le prospettive “educative” con il dovere ecclesiale di “evangelizzare”. Mettendo al centro del lavoro educativo e pastorale la fede cristiana, un dono luminoso che permette di avere uno sguardo profondo sulla realtà, impossibile da avere senza di essa.
Solo nella fede è possibile entrare nel ritmo del discernimento vocazionale, che per sua natura implica un ascolto e un dialogo con il Dio vivente nell’oggi. Con un Dio vivo e vivace, sorprendente e creativo, estroverso e geniale, che interpella ogni uomo in vista della comunione d’amore. Un Dio che non cessa di irrompere nella storia.
1. L’Instrumentum laboris come riferimento essenziale
La prima cosa che vorrei comunicarvi, come premessa a quello che andrò dicendo, è l’importanza dell’Instrumentum laboris per il prossimo Sinodo.
Si tratta di un documento di sintesi che raccoglie la voce di tante persone, gruppi e istituzioni. Molti sono stati i giovani che hanno parlato: il Questionario on line e la Riunione presinodale hanno reso possibile una partecipazione mai vista per un Sinodo!
Vorrei segnalare qui le cinque fonti, da cui è sorto il documento che per i padri sinodali diventa il documento base durante lo svolgimento dell’Assemblea sinodale ormai imminente. Esse sono: le risposte al questionario del Documento Preparatorio delle Conferenze Episcopali e delle Chiese orientali, il Seminario di studio a cinquant’anni della Apostolica Sollicitudo”, tenuto nel settembre 2017, le risposte al questionario on line nel sito del Sinodo, il documento finale della riunione pre-sinodale dei giovani del marzo scorso, i contributi spontanei di migliaia di giovani sul sito.
L’Instrumentum laboris è un documento che fotografa la situazione giovanile nel mondo attuale, propone al centro la fede e richiama al metodo del discernimento: tutto scandito dai tre verbi riconoscere-interpretare-scegliere.
2. La dinamica vocazionale, ovvero essere scelti per poter scegliere
Voglio partire subito da uno sguardo di fede, che apre al tema vocazionale. La vita cristiana non primariamente una questione di servitù, ma di amicizia. Non di scelta propria, ma è un essere scelti per portare frutto. La profondità dell’evangelista Giovanni, che ha fatto esperienza della gratuità della grazia di Dio, non lascia dubbi in proposito:
Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga (Gv 15,15-16).
Una dinamica, quella vocazionale, che affonda le sue radici fin dall’eternità, come san Paolo ben attesta: «In Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef 1,4-5). Il mistero dell’amore di Dio che precede, accompagna e anticipa ogni mossa dell’uomo è la condizione di possibilità per ogni nostro amore: «Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo» (1Gv 4,19).
Sia la fenomenologia biblica, sia il sapere teologico, sia l’esperienza della chiamata concordano nel riconoscere il primato dell’essere amati, dell’essere scelti, dell’essere coinvolti rispetto all’amare, allo scegliere e al mettersi in gioco. Passare dal cartesiano cogito ergo sum al cristiano cogitor ergo sum è ancora un passaggio da fare: esisto perché sono pensato, desiderato, amato, voluto e creato da Dio.
E questa rimane la verità fondamentale dell’esistenza, sempre ogni volta da riconoscere rispetto alla falsità sistemica di ritenersi autori esclusivi di se stessi, come dice bene l’Instrumentum laboris al n. 90:
Positivamente la concezione della vita come vocazione invita l’essere umano a rinunciare alla menzogna dell’autofondazione e all’illusione dell’auto-realizzazione narcisistica, per lasciarsi interpellare attraverso la storia dal disegno con cui Dio ci destina gli uni al bene degli altri. Si tratta così di dare origine a una rinnovata cultura vocazionale, che è sempre legata alla gioia della comunione d’amore che genera vita e speranza. La pienezza della gioia infatti si può sperimentare solo nel momento in cui si scopre di essere amati e di conseguenza personalmente chiamati ad amare a propria volta nelle circostanze concrete in cui ciascuno vive (famiglia, lavoro, impegno sociale e civile).
È molto bello e significativo il gioco di parole tra l’essere “amati” e l’essere “chiamati”: proprio perché di Dio ci ama egli ci chiama per nome, ci dona un nome, ci ama per nome. Il che significa che l’amore non può che essere singolare, perché è possibile solo in un rapporto personale e mai in una relazione generica e massificante.
Dentro la logica dell’amore è possibile e doverosa la scelta dell’amore, che è la scelta del giusto orientamento della libertà verso una destinazione degna di questo amore, che fa passare la persona da un auto-centramento mortifero ad una dinamica proattiva, decentrata verso il servizio e l’amore dell’altro.
In sintesi potremmo dire: la logica vocazionale – essere scelti nell’amore – fa entrare in una logica di dedizione – scegliere l’amore come forma di vita.
Per questo ogni chiamata particolare non è mai da pensarsi nella logica di una predilezione egoistica, ma sempre nella logica del servizio verso altri. Nessun dono è dato da Dio per l’autoconsumo individuale, ma sempre per l’edificazione di altro e di altri. Per questo ogni vocazione di “speciale consacrazione” è al servizio della vocazione all’amore di ogni battezzato e di ogni uomo e donna.
Ciò è ben chiarito dall’ordine presente nell’Instrumentum laboris tra “vocazione battesimale” (nn. 92-93), dove la filialità adottiva è dono per tutti ed è dono di partecipazione al massimo di comunione possibile con il mistero trinitario, e la “chiamata degli apostoli” (nn. 94-95), dove è chiarissimo che questi ultimi non sono né migliori né separati da tutti i battezzati, ma vengono chiamati per il servizio di tutti: all’interno della Chiesa infatti
le vocazioni a un compito speciale non hanno il senso di introdurre un privilegio, ma piuttosto di rendere evidente, con il conferimento di una peculiare missione, la grazia con cui Dio chiama tutti alla salvezza: così, mentre Gesù dice «seguimi» al pubblicano Levi facendone un apostolo della Chiesa (Mc 2, 14), annuncia a tutti di non essere venuto «a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,17) (Instrumentum laboris, n. 95).
3. Le scelte di vita e le prospettive educative nell’orizzonte vocazionale
La riflessione sinodale ci aiuta quindi a porre la questione della scelta personale e dei cammini educativi dentro l’orizzonte vocazionale dell’esistenza umana in quanto tale: non si può pensare alle scelte di vita, dal punto di vista cristiano, se non all’interno di questa visione vocazionale ampia e diffusa:
Se già il Beato Paolo VI aveva affermato che «ogni vita è vocazione» (Populorum Progressio 15), Benedetto XVI ha insistito sul fatto che l’essere umano è creato da Dio come essere dialogico: la Parola creatrice «chiama ciascuno in termini personali, rivelando così che la vita stessa è vocazione in rapporto a Dio» (Verbum Domini 77). In questo senso solo un’antropologia vocazionale sembra essere adeguata per comprendere l’umano in tutta la sua verità e pienezza (Instrumentum laboris, n. 88).
Una scelta che respinge l’orizzonte vocazionale dell’esistenza estromette semplicemente la fede dal suo ambito di pensiero e di azione; un’antropologia progettuale che si riferisce unicamente a sé e ai propri desideri di autorealizzazione rischia di escludere il Dio vivente e la sua parola salvifica; una visione dettata da un umanesimo esclusivo basata su un’idea di uomo che si fa da sé – self-made man – non aiuta ad impiantare nella Chiesa e nel mondo una “cultura vocazionale” adeguata alle richieste dell’evangelo, dove ognuno è amato e chiamato per nome.
D’altra è opportuno sottolineare che il tema della “scelta” o del “progetto” non sono immediatamente dialogici, perché è evidente che sono “io” che scelto e sono “io” che progetto: mentre la logica vocazionale è intrinsecamente dialogica, perché si riferisce alla voce di un altro, di una voce che viene da altro, di una presenza che altera e che può creare insicurezza e disagio, che mette a rischio le nostre sicurezze. Biblicamente questo è chiaro: ogni chiamata domanda in genere cose impossibili – ad Abramo e Sarà di generare, a Mosè di parlare al Faraone, a Giosuè di conquistare la terra promessa, a Maria di diventare madre, a Pietro di diventare pescatore di uomini, e così di seguito – per poi renderle possibili attraverso una presenza di una grazia che le rende possibili. Sempre ogni chiamata si conclude con l’attestazione che il Signore non abbandonerà mai il chiamato, ma sarà sempre al suo fianco per proteggerlo, custodirlo e animarlo: «Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti» (Ger 1,19).
Ecco allora che diventa importante acconsentire alla chiamata, scegliere positivamente di essere stati scelti, entrare nella logica di un volere ciò che è stato voluto per poter portare frutto. E questo aiuta le persone a crescere, ad allargare i propri orizzonti, a vedere il mondo e la storia con gli occhi di Dio, a riconciliarsi con sé stessi e con la propria storia:
Parlare della vita come vocazione consente di evidenziare alcuni elementi che sono molto importanti per la crescita di un giovane: significa escludere che essa sia determinata dal destino o frutto del caso, come anche che sia un bene privato che si può gestire in proprio. Se nel primo caso non c’è vocazione perché non c’è il riconoscimento di una destinazione degna dell’esistenza, nel secondo un essere umano pensato “senza legami” diventa “senza vocazione”. Il discernimento vocazionale in questa direzione assume i tratti di un cammino di riconciliazione con il proprio corpo e il proprio sé, con gli altri e con il mondo (Instrumentum laboris, n. 89).
4. Prospettive: accompagnamento per il discernimento
Dal punto di vista delle prospettive, le due parole chiave che mi permetto di mettere alla vostra attenzione sono “accompagnamento” “discernimento”. Fin dal Documento preparatorio ne abbiamo parlato, cercando di cogliere il loro significato poliedrico.
È importante, mi pare cogliere anche la relazione tra questi due termini: si accompagnano i giovani non per perdere tempo con loro, ma per portarli a maturazione, per aiutarli a diventare adulti. E quando avviene questo? Con la presa in carico della propria vocazione, che meriterà la fedeltà della vita adulta: se infatti la cifra della giovinezza è quella della “ricerca”, la cifra dell’adultità è quella della fedeltà alla vocazione accolta. Per questo il discernimento vocazionale è per tutti, come be afferma il n. 100 dell’Instrumentum laboris:
L’elaborazione di una prospettiva vocazionale di ampio respiro ci invita infine ad avere un’attenzione al discernimento vocazionale che non escluda potenzialmente nessuno perché, come dice Papa Francesco, «parlare di pastorale vocazionale è affermare che ogni azione pastorale della Chiesa è orientata, per sua stessa natura, al discernimento vocazionale. […] Il servizio vocazionale deve essere visto come l’anima di tutta l’evangelizzazione e di tutta la pastorale della Chiesa» (Messaggio ai partecipanti al convegno internazionale sul tema: «Pastorale vocazionale e vita consacrata. Orizzonti e speranze», 25 novembre 2017).
Il coronamento del nostro lavoro educativo e pastorale di accompagnamento verso le giovani generazioni è aiutarli nella scoperta, l’accoglienza e la presa in carico della loro vocazione, che coincide evidentemente con la loro missione nel mondo e nella Chiesa. Ecco che l’accompagnamento assume naturalmente i tratti del discernimento vocazionale, che ne è il contenuto proprio. In un senso più ampio
discernimento indica il processo in cui si prendono decisioni importanti; in un secondo, più proprio della tradizione cristiana, corrisponde alla dinamica spirituale attraverso cui una persona, un gruppo o una comunità cercano di riconoscere e di accogliere la volontà di Dio nel concreto della loro situazione (Instrumentum laboris, n. 108).
In un senso però più specifico,
per i giovani credenti, la prospettiva del discernimento assume un altro spessore, in quanto si colloca all’interno di una dinamica di relazione personale con il Signore: punta quindi esplicitamente a scoprire le possibili strade per dare risposta all’amore di Dio, partecipando come membri della Chiesa alla missione di annunciare e testimoniare la Buona Notizia (Instrumentum laboris, n.110).
Se i verbi del discernimento vocazionale, lo sappiamo, sono riconoscere-interpretare-scegliere, diviene decisiva la qualità dell’accompagnamento. Effettivamente in questo settore dell’accompagnamento l’ascolto sinodale ci ha restituito una Chiesa in debito d’ossigeno: non siamo, in linea di massima, ben attrezzati di adulti competenti e maturi in grado di accompagnare i giovani. Si tratta di un dato che ci deve mettere in movimento per creare le condizioni per un rinnovamento ecclesiale. Da una Università come la vostra, legata al carisma di don Bosco, ci aspettiamo la formazione di accompagnatori capaci di camminare con i giovani sulle strade del discernimento vocazionale. Gente che sappia accompagnare i giovani nell’ascolto della loro coscienza e nella presa in carico della realtà (cfr. Instrumentum laboris, nn. 116-119).
Abbiamo una necessità epocale di adulti di qualità, che sembra essere una merce rara di questi tempi. Le parole dei giovani sono state assai esigenti nei confronti di noi adulti su questo tema dell’accompagnamento (cfr. Instrumentum laboris, nn. 130-132), e dobbiamo leggere le loro parole come un appello alla nostra personale conversione spirituale, pastorale e missionaria:
La profonda interazione affettiva che si crea nello spazio dell’accompagnamento spirituale – non a caso la tradizione si esprime parlando di paternità e maternità spirituali, dunque di una relazione generativa profondissima – richiede all’accompagnatore una solida formazione e la disponibilità a lavorare prima di tutto su di sé sotto il profilo spirituale e in qualche misura anche psicologico. Solo in questo modo potrà autenticamente mettersi al servizio, nell’ascolto e nel discernimento, ed evitare i rischi più frequenti del suo ruolo: sostituirsi a chi è accompagnato nella ricerca e nella responsabilità delle scelte, negare o rimuovere l’emergere della problematica sessuale e, infine, varcare i confini coinvolgendosi in modo improprio e distruttivo con chi sta aiutando nel cammino spirituale, fino alla possibilità di veri e propri abusi e dipendenze (Instrumentum laboris, n. 130)
5. Andiamo avanti con rinnovato entusiasmo
Mi avvio verso la conclusione.
Rispetto a questo cammino sinodale, in cui ho desiderato inserire nell’orizzonte vocazionale le dinamiche delle scelte di vita e delle prospettive educative, vorrei prima di tutto ringraziarvi di cuore del lavoro che state facendo. Non per ultimo anche perché varie persone della vostra università stanno hanno offerto e stanno offrendo il loro servizio generoso per la buona riuscita di questo Sinodo.
Siete “Università”, quindi prima di tutto un luogo di ricerca, di approfondimento e di dialogo; siete “Pontificia”, quindi legata alla fedeltà, al sostegno e alla promozione del magistero del successore di Pietro; infine siete “Salesiana”, cioè legata alla ricchezza del carisma educativo e pastorale di san Giovanni Bosco e di santa Maria Domenica Mazzarello, riconosciuti dalla Chiesa universale come riferimenti imprescindibili per l’educazione della gioventù.
Rimanere creativamente fedeli a questa identità è una sfida per voi, soprattutto in questa metamorfosi epocale: sia dal punto di vista della ricerca, che certamente deve saper integrare una prospettiva teologica e pastorale insieme con quella spirituale e pedagogica; sia dal punto di vista del magistero pontificio, che vi chiede di aiutare la Chiesa tutta attraverso la formazione integrale delle future generazioni di adulti; sia dal punto di vista salesiano, perché anche voi siete chiamati ad aggiornare gli insegnamenti del vostro fondatore alla mutata situazione culturale odierna.
Vi incoraggio quindi ad andare avanti con dedizione ed entusiasmo alla causa dell’educazione e dell’evangelizzazione dei giovani.
Tutta la Chiesa, attraverso il vostro impegno, certamente ne trarrà giovamento.