Riceviamo e pubblichiamo l’articolo comparso sul Quotidiano di Sicilia, di giovedì 17 gennaio 2019 alla pag.19, riguardante la Lectio Magistralis promossa dalle sei Unioni della Città Metropolitana di Catania della Federazione Italiana ExAllievi Don Bosco.
CATANIA – Una lectio magistrali per approfondire l’attualità del pensiero di Don Bosco si è svolta nell’aula magna del dipartimento di Scienze Politiche, promossa dalla Federazione Italiana Exallievi di Don Bosco. La lezione sulla “questione del lavoro giovanile a fine ‘800” è stata tenuta da Giuseppe Acocella, docente di teoria generale del diritto all’Università di Napoli. Sono intervenuti anche Giuseppe Vecchio, direttore del Dipartimento, Adriana Rotondo, docente di Storia del cristianesimo all’Unict, Giovanni Costanza, presidente della Federazione exallievi Don Bosco, don Vincenzo Giammello, presidente Centro Orizzonte Lavoro, e don Giuseppe Costa, salesiano.
“Cerco di ricostruire quale sia stato l’atteggiamento di Don Bosco verso la questione giovanile. Questi agisce proprio nella fase in cui la tumultuosa crescita industriale strappava dalle campagne le popolazioni e i più giovani, in particolare, erano vittime di un super sfruttamento”, esordisce Acocella. La soluzione al problema proposta da Don Bosco consiste “nell’affrontare e risolvere il problema della povertà ma anche attrezzare i giovani affinché possano essere protagonisti del loro destino”, spiega il docente. una lezione che di certo vale anche oggi. “Viviamo una fase nella quale i problemi sociali sembrano non risolvibili con influenze di carattere più o meno contabile, ma il problema, in particolare per il Sud, è quello di invertire la tendenza che vede la marginalizzazione dei giovani nel mondo del lavoro. Serve competenza e maggiore formazione”, continua. Poiché, però l’Italia sembra il Paese dei paradossi, accade che i pochi laureati italiani paradossalmente non vengano impegnati. “Il sistema universitario è maturo, ma il mercato del lavoro meridionale no, perché è dipendente, periferico, marginale e la capacità di investire è ridotta. Le competenze allora acquistano valore se riescono a mettere in moto questa modificazione del sistema produttivo che in realtà nel Mezzogiorno fa ancora fatica”.
Acocella punta il dito contro le politiche regionali e nazionali, ma anche contro la globalizzazione. “Nel momento in cui decido di portare l’azienda in Bulgaria o in Slovenia, dove non essendoci sindacati e contratti pago i lavoratori una terza parte, invece di portarla a Caserta o a Enna, faccio una scelta politica. In questo contesto è evidente che l’unico spazio è quello di super sfruttamento. Penso ai fattorini che portano in bicicletta da mangiare agli immigrati sfruttati nei campi. Se non si modernizza il mercato del lavoro – continua il professore – è difficile che vengono acquisite nel sistema universitario possano essere utilizzate. Ecco perché la fuga.
Desirée Miranda