Carissimi Confratelli,
mancano pochi giorni da due eventi importanti per la nostra Comunità ispettoriale:
- i 100 anni del nostro “decano” Don Rodolfo Di Mauro. Siete stati informati sia dell’appuntamento il 16 p.v. a Catania Salette e il 19 p.v. a Barcellona P.G. per il conferimento della Cittadinanza onoraria;
- l’Ordinazione presbiterale di Don Alfredo Calderoni domenica prossima 13 maggio a Biancavilla e anche su questo appuntamento avete avuto indicazioni.
È bello e provvidenziale la concomitanza di questi due eventi che ci invitano a fare memoria e a guardare avanti con fiducia. Il duplice anello che collega i due eventi è la vocazione salesiana e la vocazione presbiterale, fusi in un unico progetto di vita di donazione a Dio e ai giovani. Una vita spesa interamente per il campo che Dio ci affida. La contemplazione di Gesù Buon pastore e quella di Don Bosco padre, maestro e amico dei giovani non sono in antitesi o in contraddizione ma in profonda armonia e simbiosi per noi salesiani tutti, e in modo particolare per quanti abbiamo ricevuto il ministero e viviamo la responsabilità del presbiterato. Tutti ricordiamo la celebre frase del nostro Fondatore: “Eccellenza! Sappia che Don Bosco eÌ prete all’altare, prete in confessionale, prete in mezzo ai suoi giovani, e come eÌ prete in Torino, cosiÌ eÌ prete a Firenze, prete nella casa del povero, prete nel palazzo del Re e dei ministri”. L’«eccellenza» a cui si rivolgeva nel 1866, non era un cardinale o un prelato, ma Bettino Ricasoli, presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia. Mi piace abbinare a questa dichiarazione di Don Bosco una breve e intensa riflessione della Serva di Dio Madaleine Lelbrel, mistica francese, una delle personalità spirituali più significative del XX secolo. La trovate in allegato per un momento di riflessione personale e comunitaria in preparazione ai due momenti.
Colgo l’occasione per augurarvi un buon mese di maggio e buone feste salesiane ed ispettoriali
Con affetto
Don Pippo Ruta
GLI INVITI AI DUE EVENTI
Un breve approfondimento sulla figura del sacerdote
Un vero prete
Madeleine Delbrel
L’assenza di un vero prete è, in una vita, una miseria senza nome.
Il più grande regalo che si possa fare, la più grande carità che si possa arrecare, è un prete che sia un vero prete. Egli è l’approssimazione più grande che si possa attuare quaggiù della presenza visibile del Cristo. Nel Cristo c’è una vita umana e una vita veramente divina. La disgrazia è questa: molti preti sembrano come amputati sia dell’una che dell’altra.
Ci sono dei preti che sembra non abbiano mai avuto una vita d’uomo. Non sanno pesare le difficoltà di un laico, di un padre o di una madre di famiglia, con il loro vero peso umano. Non percepiscono veramente, realmente, dolorosamente, che cosa sia la vita di un uomo o di una donna. Quando dei laici cristiani incontrano finalmente un prete che li capisce, che entra con il suo cuore d’uomo nella loro vita e nelle loro difficoltà, non ne perdono più il ricordo. A una condizione: che, se egli immerge la sua vita nella nostra, lo faccia senza vivere in tutto e per tutto come noi. Per molto tempo i preti hanno trattato i laici da minorenni; oggi, alcuni preti, passando all’estremo opposto, divengono dei compagni. Vorremmo invece che restassero padri. Quando un padre di famiglia ha visto crescere suo figlio, non lo tratta più come un bambino, ma ormai come uomo, pur considerandolo sempre suo figlio: un figlio uomo!
Abbiamo ugualmente bisogno che il prete viva di una vita divina. Il prete, pur rimanendo in mezzo a noi, deve rimanere al di fuori. I segni che attendiamo di questa presenza divina? La preghiera: ci sono dei preti che non si vedono mai pregare (quello che si chiama pregare!). La gioia: quanti preti sono affaccendati o angosciati! La forza: il prete deve essere colui che tiene; sensibile, vibrante, mai però demolito. La libertà: vogliamo il prete libero da ogni formula, liberato da ogni pregiudizio. Il disinteresse: talvolta ci sentiamo utilizzati da lui; egli dovrebbe, al contrario, aiutarci a portare a compimento la nostra missione.
La discrezione: deve essere colui che tace (si perde la fiducia in chi ci fa troppe confidenze). La verità: sia colui che dice la verità. La povertà: essenziale; qualcuno che è libero di fronte al denaro, colui che è soggetto come a “una legge di gravità”, che lo trascina istintivamente verso i più piccoli, verso i più poveri. Il senso della Chiesa, infine; non parli mai con leggerezza della Chiesa, come se fosse uno che viene da fuori: un figlio è subito giudicato, se si permette di giudicare sua madre.
Ma spesso una terza vita invade le prime due e le sommerge. Il prete diventa l’uomo della “vita ecclesiastica”, dell’“ambiente clericale”: il suo vocabolario, il suo modo di vivere, la sua maniera di chiamare le cose, il suo gusto dei piccoli interessi e delle piccole contese di influenza, tutto questo gli mette una maschera, che ci nasconde dolorosamente il prete, questo prete che, senza dubbio, rimane dietro di essa.
L’assenza di un vero prete è, in una vita, una miseria senza nome, la sola miseria.