Molto spesso, in passato ho associato la figura del missionario a quella del “salvatore”; di colui il quale si avventura per giungere in terre lontane al fine di aiutare i più bisognosi. Oggi il mio pensiero è maturato.
Lasciare la propria casa e i propri cari, anche se per un breve periodo, reputo che sia stata la spinta giusta che mi ha permesso di spiccare il volo. Le motivazioni che mi hanno spinto ad intraprendere questo viaggio in Madagascar sono state varie… il sentirsi utile aiutando il prossimo, il mettere le mani in pasta, il vivere l’esperienza più da vicino per cambiare la tua vita. Incoraggiata dalla necessità di staccare la spina da una confusionaria quotidianità che disorienta l’animo e la mente, ho potuto mettere ordine in tante cose.
Prima di partire ero cosciente che al mio rientro non sarei stata più la stessa. Culture, etnie e pensieri diversi credo mi hanno reso una persona migliore.
“Insieme a passo spedito” è stato il nostro motto che ci ha accompagnato durante questa esperienza in Madagascar. Un gruppo di 10 persone, ognuno di noi portava con sé il proprio bagaglio di vita e le proprie aspettative. Aspettative che sono crollate non appena siamo arrivati sul luogo. Ti rendi conto che sei impotente di fronte a tale realtà, sei lì per aiutare il prossimo nella tua semplicità e fragilità, magari donando un semplice sorriso, una stretta di mano o un abbraccio. Cose che abbiamo perso nel nostro mondo occidentale, perché siamo sempre di fretta e ripiegati su noi stessi a tal punto da non avere tempo per chi ci sta accanto.
Il Madagascar è una terra dalle mille meraviglie, chiamata terra del fuoco per via del colore della sua terra. Un colore simile alla fiamma che arde dentro ognuno di noi. Le emozioni che ho provato guardando le stelle, sdraiata per terra, rimarranno scolpite nel mio cuore. Molti al ritorno dal viaggio in Madagascar mi hanno chiesto: “ma voi cosa facevate per quei bambini?”. Inizialmente così su due piedi non ho saputo cosa rispondere, abbiamo fatto qualcosa di grande? Costruito qualcosa? La risposta che tutti si aspettano è quella che afferma di aver salvato un pezzo di mondo. In realtà per Malgasci non abbiamo fatto un granché se non donare qualche sorriso e dedicare qualche ora del nostro tempo. Abbiamo però fatto una cosa grande per il nostro cuore, abbiamo riscoperto di avere dei limiti, di essere umani, abbiamo imparato a spogliarci delle nostre maschere che mettiamo quotidianamente per vivere in società, per immergerci seppur con qualche difficoltà in una cultura differente, che ci ha fatto notare come il nostro “modo di vivere”, di correre freneticamente da un posto all’altro, di lavorare, di mangiare, di salutare solo quelli che conosciamo e che ci stanno simpatici, non è l’“unico modo” per vivere.
Abbiamo messo in discussione tutti i concetti e preconcetti che finora hanno accompagnato e legato le nostre vite. I malgasci non avevano nulla… eppure mi hanno donato tanto.
Dal mio rientro in Madagascar è cambiato il mio modo di vedere la vita, le mie abitudini, i miei pensieri, ogni cosa in me è cambiata. Abbiamo imparato il valore della vita e di ogni suo singolo giorno, impegnandoci a vivere nel migliore dei modi. A vedere laddove apparentemente sembra non esserci nulla, ma in realtà c’è tanto. Abbiamo appreso l’inutilità del superfluo e “l’essenzialità che è invisibile agli occhi” (Cfr. Il piccolo principe di A. de Saint Exupery). Grati per le ricchezze che il Signore ci ha donato, ma con il senso di colpa per non essere riusciti a valorizzarle al 100%.
Una frase ci è stata più volte ripetuta dal nostro Mompera (Padre) Enrico durante il viaggio: «Tutto è Provvidenza! Il bello ed il brutto tempo, il facile ed il difficile, la gioia ed il dolore». Non dimenticherò mai i volti di tutti coloro che hanno incrociato il mio sguardo, perché ognuno di loro mi ha donato un sorriso gioioso. Desidero terminare questa mia testimonianza con una frase del noto esploratore Gioacchino Murat che riferendosi alla terra africana, disse: «Qui non si muore!». Ed è proprio vero! In Africa non si muore, anzi a salvarti la vita e il fratello africano che pensavi di aiutare con la tua semplice presenza, ma che aiuta te con un semplice sorriso. Veluma (un saluto caloroso a tutti voi).