«Questa è la mia preghiera dopo aver visitato più di cento nazioni dove ci sono presenze salesiane e conosciuto una realtà così incredibile, così affascinante, così preziosa, tante volte così dolorosa»
Un caloroso saluto, amici e lettori. Alcuni giorni fa abbiamo celebrato la festa di Don Bosco, in modo diverso rispetto agli anni precedenti perché la pandemia non è scomparsa e condiziona tante cose. Ebbene, anche in questa situazione dobbiamo saper leggere le luci e i focolai di speranza che sono presenti.
La sera della Prima Messa a Castelnuovo, con sua madre, per le strade della sua infanzia, Giovanni Bosco rientrò ai Becchi. Eccoli tutti e due insieme, il figlio consacrato e la mamma, tutta fervore e felicità. Coppia misteriosa che se ne andava sulla strada che si inerpica sulla collina: su di loro certamente vegliavano gli angeli. Allora Giovanni recitò il suo personale Magnificat: «Quando fui vicino ai luoghi dove avevo vissuto da ragazzo, e rividi il posto dove avevo avuto il sogno dei nove anni, non potei frenare la commozione. Dissi: Quanto sono meravigliose le strade della Provvidenza! Dio ha veramente sollevato da terra un povero fanciullo, per collocarlo tra i suoi prediletti».
E nello spirito del Magnificat, ho scelto di condividere con voi la preghiera del titolo, che è il mio modo di pregare in questi ultimi anni. Negli ultimi sei anni, prima della pandemia, ho avuto la preziosa e impegnativa opportunità, di visitare cento nazioni del mondo dove ci sono presenze salesiane, sia dei Salesiani che della Famiglia Salesiana in generale. E ho conosciuto una realtà così incredibile, così affascinante, così preziosa, tante volte così dolorosa, che la mia preghiera quotidiana, quando sono tornato a Roma, era sempre questa: “Signore che non smetta mai di stupirmi”.
- Non smetterò mai di stupirmi per la dignità di centinaia di donne sole con i loro figli (i loro mariti morti o scomparsi) nel campo profughi di Juba (Sud Sudan), che è nella nostra casa salesiana. Che non manchi di apprezzare la decisione di accompagnare come SDB tutte quelle persone che non hanno niente e sicuramente nessuno.
- Non posso non essere sorpreso dalla gioia che ho provato quando ho incontrato i ragazzi e le ragazze che vivono nella città Don Bosco a Medellín (Colombia), dove hanno ripreso gli studi dopo essere stati per mesi soldati della guerriglia delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia). Ora quei giovani “riscattati e salvati” dalla guerriglia, vivono con il sorriso e la speranza.
- Non posso fare a meno di stupirmi del bene che si fa vivendo in una comunità salesiana nel cuore del campo profughi di Kakuma (Kenya settentrionale), un campo profughi dell’ONU che è quasi una città, con più di 300.000 persone, e di cui siamo stati una parte “straordinaria” per molti anni. Straordinaria perché una regola di questi campi profughi è che la sera nessuno al di fuori del campo può soggiornarvi, ma il fascino della persona di Don Bosco e lo stile educativo dei suoi figli e delle sue figlie ci ha permesso di avere una casa in cui vivere tra queste famiglie, una scuola per insegnare loro un mestiere e una parrocchia presente in varie zone del campo.
- Non posso fare a meno di essere sorpreso dalla vicinanza che ho sperimentato con la brava gente delle “Villas” in Argentina, in Buenos Aires. Così sono conosciute le periferie di questa grande città, dove operano i “curas villeros“, i sacerdoti tanto amati da Papa Francesco, e dove si trovano anche i nostri fratelli e sorelle SDB.
- Non posso fare a meno di essere sorpreso dai volti e dai sorrisi di tanti ragazzi e ragazze salvati dalla strada, accolti nelle nostre case. Sono i “figli della strada”, sia in Colombia, Sierra Leone o Angola, sia in tante presenze in India. Ho visto tanti “miracoli” di salesiani che fanno visite notturne nei covi dove questi ragazzi vivono e dormono, dove ‘annusano’ prodotti chimici, vernici e adesivi che distruggono i loro polmoni, e cercano un primo contatto con loro fino a quando accettano di andare alla casa salesiana per lavarsi, mangiare e stare lì se vogliono. Veri miracoli che hanno salvato e salvano tante vite.
- Prego con fede, chiedendo di non smettere mai di stupirmi per la speranza e la dignità che ho trovato in tanti giovani animatori, studenti e universitari di Damasco e Aleppo, che insieme ai nostri fratelli salesiani hanno continuato ad accogliere ogni giorno centinaia di giovani perché la guerra nel loro Paese non fosse così terribile. Non ho sentito lamenti. Ho sentito discutere lucidamente della guerra e dei diversi interessi di tante nazioni, ma ho trovato dignità e solidarietà, ho trovato fratellanza e fede. E ho chiesto al Signore di non smettere di sorprendermi di tanta dignità nel mezzo dell’orrore di una guerra e di una città distrutta al 70%, cosa che avevo visto solo nei film. Essere lì è molto diverso.
- E chiedo al Signore di non smettere mai di stupirmi di fronte alla bella realtà di vita condivisa negli anni con tanti popoli indigeni, sia con gli Yanomami, i Xavantes, i Boi-Bororos del Brasile, sia con gli Ayoreos e i Guaranis del Paraguay, sia con gli Shuar o gli Achuar dell’Ecuador. Quando ho potuto incontrarli, non ho smesso di meravigliarmi della loro realtà e di quella dei miei fratelli e delle mie sorelle, che condividono da tanti anni la loro vita.
Ecco perché chiedo al Signore di aiutarmi a non smettere di stupirmi, perché lo stupore mi rende grato a Dio, alla vita, e a coloro che hanno fatto tanto in favore per gli altri, dei quali, nelle mie visite di animazione, sono stato solo un testimone, quasi un notaio. I sogni missionari di Don Bosco si sono sviluppati e sono andati ben oltre quello che lui stesso avrebbe potuto sognare.
Allo stesso tempo ho paura di abituarmi a molte cose, come il fatto che il numero di morti per Covid-19 sia solo una curiosità di cifre, quando dietro a quelle morti ci sono tante storie di dolore e spesso storie di vite meravigliose. Non voglio abituarmi al dolore prodotto dalle migrazioni e dalle morti nel Mediterraneo per il desiderio di raggiungere l’Europa, o ai confini e nei fiumi di varie nazioni dell’America centrale, nel tentativo di raggiungere il nord.
Non voglio smettere di essere ferito dagli abusi delle mafie che sfruttano le persone, che le ingannano con la promessa di una vita migliore e poi sottopongono queste persone, così spesso donne e adolescenti minorenni, a una vita di prostituzione e di abusi senza alcuna prospettiva di liberazione.
Non voglio abituarmi a pensare che non si possa fare nulla nelle nostre società.
Non voglio abituarmi a vedere file e file di persone in attesa di un piatto di cibo nelle nostre grandi città del “‘primo mondo”, con storie molto dolorose.
Voglio rimanere sensibile a questo come sensibile è il tocco di una ferita infetta.
Cari lettori, questo è il mio semplice e umile messaggio a voi, perché so che si è risvegliata molta consapevolezza in tante persone, e perché so che ci sono molti di noi che credono che sia possibile e realistico cambiare e migliorare molte situazioni.
Continuo ad augurarvi un 2021 pieno di speranza, di autentica e vera speranza, vi invito anche a sognare, a non rinunciare a lasciarvi sorprendere dalla bellezza e dall’incredulità della vita, da tante storie uniche, e allo stesso tempo a non abituarvi a ciò che non dovrebbe esistere.
Grazie perché siete rimasti al nostro fianco come amici, credendo che un mondo migliore sia possibile.