Nel cuore della Chiesa, con i giovani, portatori di gioia.
Quest’anno educativo pastorale 2017/2018 si staglia subito come una sfida intensa e impegnativa sul tema generatore dell’appartenenza gioiosa alla Chiesa, dopo aver centrato lo scorso anno la nostra attenzione sull’incontro personale con Gesù e in vista del prossimo che verterà sul coraggio e la gioia del servizio responsabile.
Ecco il focus di quest’anno che trova tutti accomunati in un unico cammino educativo-pastorale per risvegliare in noi, nei collaboratori laici e nei giovani una rinnovata coscienza ecclesiale, non esclusiva ma inclusiva, un rinnovato senso di appartenenza alla Chiesa con quella gioia e quella carica d’affetto, ricca di effetti concreti, proprie del carisma di Don Bosco.
A più di cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, avvertiamo l’esigenza di far nostro quel cambiamento di mentalità e conseguente stile di vita, auspicati da quella rinnovata Pentecoste, accogliendo l’invito di Papa Francesco a maturare un’appartenenza ecclesiale cordiale (cfr. EG 14.98), evangelizzatrice e apportatrice di gioia (cfr. EG 92), intelligente e concreta (cfr. EG 105). Desideriamo che l’espressione di Romano Guardini, coniata al termine dell’evento conciliare, «la Chiesa si risveglia nelle anime», diventi coscienza e responsabilità per ciascuno di noi.
È un’esperienza che ciascuno di noi, in qualche modo, ha vissuto e continua a vivere, che intendiamo proporre ad altri, a coloro che incontriamo, particolarmente ai giovani così assetati di relazioni vere, autentiche e fraterne. Siamo chiamati secondo le parole di Papa Francesco ad offrire «una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa» (EG 99).
In questo senso va rivissuta l’esperienza carismatica della Comunità Educativa Pastorale intesa come contesto vitale del processo formativo, il luogo dell’accoglienza e della trasmissione della fede e l’ambito in cui il Sistema Preventivo diventa visibile, vivibile e tangibile. La CEP è l’ambiente concreto in cui valorizzare il tema della relazionalità e della comunione, dove si sperimenta un’immagine di Chiesa fresca, simpatica, attiva, che unisce tutti (consacrati, educatori, famiglia salesiana e giovani) in un ambiente di famiglia, attorno ad un progetto di educazione integrale, capace di rispondere alle esigenze di piccoli e grandi, soprattutto di quanti hanno avuto di meno nella vita. Consegno a tutti voi gli Atti del Convegno nazionale del 17-19 febbraio 2017 (CONFERENZA ISPETTORIE SALESIANE D’ITALIA, Fare di ogni CEP la casa e la scuola della comunione. Atti ConvegnoNazionale sulla Comunità educativo-pastorale [Salesianum Roma 16-19 febbraio 2017], Roma 2017), perché sia motivo di riflessione, confronto e attuazione secondo le esigenze del tempo presente e del luogo nel quale si vive e si opera.
Il Progetto di vita comunitario che intendiamo elaborare insieme e soprattutto vivere è lo strumento privilegiato per raggiungere la finalità formativa ed educativo-pastorale dell’anno corrente.
La CEP, poi, come la Chiesa nel suo insieme, in sintonia con il prossimo Sinodo 2018, sul tema I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, si confronta realmente e lealmente con i giovani d’oggi, esamina in profondità i propri criteri di vita per vedere fino a che punto siano conformi al Vangelo, verifica con coerenza e onestà la qualità del suo agire educativo-pastorale. «Attraverso il percorso di questo Sinodo, la Chiesa vuole ribadire il proprio desiderio di incontrare, accompagnare, prendersi cura di ogni giovane, nessuno escluso. Non possiamo né vogliamo abbandonarli alle solitudini e alle esclusioni a cui il mondo li espone» (Istrumentum laboris, p.39).
Sentiamo provvidenziale per il nuovo anno questo raccordo tra la proposta formativa sull’appartenenza ecclesiale e il cammino di preparazione al Sinodo. «Sogniamo – infatti – una Chiesa che sappia lasciare spazi al mondo giovanile e ai suoi linguaggi, apprezzandone e valorizzandone la creatività e i talenti» (p. 63).
Termino con un invito ad una visita “reale” o “virtuale” alla Basilica di Maria Ausiliatrice, luogo di convergenza carismatica e di irradiazione missionaria della salesianità, come esempio ed emblema del cammino di quest’anno. Chi entra dal fondo nella Basilica costruita da Don Bosco, viene catturato immediatamente dall’immagine dell’Ausiliatrice circondata dagli apostoli e dagli evangelisti, in posizione analoga ad altre raffigurazioni pittoriche che ritraggono la Pentecoste. L’idea originaria di Don Bosco molto più grandiosa e maestosa e ridimensionata per necessità tecniche di spazio dal pittore T. Lorenzone, era quella di delineare in qualche modo la sua visione di Chiesa ed esprimere il suo senso di appartenenza. Sotto il segno dello Spirito e come frutto dell’iniziativa del Padre, Maria campeggia al centro dell’icona, tenendo nelle mani il suo tesoro e offrendolo a quanti Le vanno incontro, supplici e confidenti. Il suo dono non è solo e non è tanto lo scettro regale brandito dalla mano destra, segno di intercessione forte e potente, ma soprattutto il Figlio Gesù tenuto nella mano sinistra (la mano “del cuore), che con le braccia aperte, come il bimbo nella greppia e l’uomo sulla croce, rivela la disponibilità di Dio e la sua infinita tenerezza per tutti e per ciascuno. Chi esce dalla Basilica dalla porta di fondo ammira a destra e a sinistra due raffigurazioni che raffigurano i rinomati sogni di Don Bosco, quello delle due colonne (1862: cfr. a cura di Pietro ZERBINO, I sogni di Don Bosco, Elledici, Torino 1997, pp. 53-59) e quello della zattera (1866: cfr. Ibidem, 78-84). Il primo, nella raffigurazione di destra, richiama i tre amori di Don Bosco e sintetizza quanto prima contemplato: la centralità del Cristo, nel mistero del dono di sé (l’eucaristia), la devozione a Maria, nel suo riferimento a Cristo e alla Chiesa, e l’appartenenza gioiosa alla comunità ecclesiale il cui centro di unità è il successore di Pietro, il Papa. Il secondo sogno, nella raffigurazione di sinistra, illustra la missione salesiana che attinge forza dai tre amori delineati nella prima visione: Don Bosco e i suoi figli salvano la gioventù e li traggono in salvo sulla zattera, si potrebbe dire, una variante della barca di Pietro e della nave della Chiesa. È un invito a contemplare e a riflettere sul tema di quest’anno, ricorrendo non solo a concetti, ma stimolando l’immaginazione della fede e soprattutto facendo nostra, e proponendo ad altri, l’esperienza di una Chiesa accogliente, materna, universale e rigeneratrice. Alla Vergine Maria «chiediamo che con la sua preghiera materna ci aiuti affinché la Chiesa diventi una casa per molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile la nascita di un mondo nuovo» (EG 288). Chiediamo inoltre che nessuno sia escluso (cfr. EG 3; Istrumentum laboris, p.39) da quest’orizzonte e da questa salutare rivoluzione di tenerezza (cfr.EG 88).
Don Pippo Ruta