A cavallo tra il 2017 e il 2018, nel ritiro trimestrale che abbiamo vissuto nelle zone, nelle celebrazioni liturgiche e nei momenti di riflessione personale, siamo stati chiamati a considerare il tempo che scorre e passa, la vita che è come un “filo ’erba” (Sal 89,5-6; 102,15-16), e abbiamo invocato con il Salmista di giungere alla sapienza del cuore (Sal 89,12), come capacità fondamentale a “contare i giorni” (Sal 89,12) assaporandone il valore e gustando la grazia che vale più della vita (Sal 62,4).
Con una riflessione ad hoc, ho proposto anche a voi alcuni spunti sull’essere padri e madri, rivolgendomi non solo ai confratelli, ma anche alle consorelle FMA.
Gli spunti provengono da Madrid, dal Congresso internazionale su “PG e famiglia” e in particolare si rifanno al percorso di Don Gustavo Cavagnari che ho avuto modo di seguire e apprezzare. Invito tutti i confratelli
a leggere e gustare la riflessione di S.E. Mons. Marcello Semeraro, contenuta nel libro Il ministero generativo. Per una pastorale delle relazioni, Dehoniane, Bologna 2016, a cui Don Gustavo si riferisce. Lo sto rileggendo e non vi nascondo che lo trovo profondo e ricco di spunti di crescita e di maturazione personale, comunitaria e pastorale.
Sulla stessa lunghezza d’onda, mi sembra la Strenna del nostro Rettor Maggiore per l’anno 2018: “Signore, dammi di quest’acqua” (Gv 4,15) COLTIVIAMO L’ARTE DI ASCOLTARE E DI ACCOMPAGNARE.
Tutta la Famiglia Salesiana, e noi ne facciamo parte integrante, è chiamata ad «avere lo stesso cuore e lo stesso sguardo», nell’alveo della Chiesa che vive questo tempo di grazia tra due Sinodi: quello sulla famiglia, con le sue due sessioni, ordinaria e straordinaria (celebrate rispettivamente nel 2014 e 2015) e quello sui giovani che sarà
celebrato quest’anno ad ottobre. Abbiamo avuto tra le mani il testo del Commento offerto alle FMA e all’intera Famiglia Salesiana, come anche è disponibile il bel video di sintesi e di evocazione narrativa. In questo mese nei nostri ambienti cureremo la presentazione della Strenna per piccoli e grandi, secondo la capacità recettiva di ciascuno, per sintonizzarci con il cuore di Don Bosco e del Suo Decimo Successore.
Riproducendo in piccolo, quanto vissuto a Roma, il 27 dicembre, alla Casa Generalizia delle FMA il 31 sera, ultimo dell’anno 2017, sono stato insieme a Don Giuseppe Costa per la conclusione dell’Anno presso la Comunità FMA di Catania, Via Caronda. Abbiamo vissuto un momento di adorazione, la celebrazione dei Vespri e il canto del Te Deum, insieme all’Ispettrice, alla Vicaria ed Economa ispettoriale, alle direttrici e alle consorelle delle due comunità.
Si è condivisa fraternamente anche la cena di fine anno. Durante la celebrazione è stato proposto il seguente brano evangelico:
In quel tempo Gesù disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella sua vigna; andò a cercarvi del frutto e non ne trovò. Disse dunque al vignaiuolo: “Ecco, sono ormai tre anni che vengo a cercare frutto da questo fico, e non ne trovo; taglialo; perché sta lì a sfruttare il terreno?” Ma l’altro gli rispose: “Signore, lascialo ancora quest’anno; gli zapperò intorno e gli metterò del concime. Forse darà frutto in avvenire; se no, lo taglierai”» (Lc 13, 6-9).
La “parabola del fico sterile” ha messo in moto dentro di me tante suggestioni. Mi sono chiesto: sono trascorsi tre o, per essere più precisi, quasi quattro anni dall’inizio del mio servizio di ispettore e quali sono i frutti? Non i frutti che si attendono gli altri o che presumo di aver prodotto io, ma quelli che si attendeva e si attende il Signore della
vigna. Ma la domanda si è fatta più acuta: l’anno di “proroga” è passato o ha da venire? Era il 2017 o sarà l’anno 2018? Spero che sia la seconda ipotesi, la possibilità che mi viene offerta per ricominciare, per riparare l’infruttuosità degli anni trascorsi o almeno commettere meno errori e peccati del passato. Nella preghiera del vignaiolo “Signore, lascialo ancora… zapperò… metterò…”: trovo la preghiera di Gesù Cristo per quelli come me… Nella “cura” del vignaiolo: riscontro il soffio rigenerante e fertile dello Spirito. Nell’espressione “Forse darà frutto…” la mia speranza; e in quella che segue “se no, lo taglierai”, la serietà dell’esistenza con le sue scelte e le sue decisioni; infine, con la sua irreversibilità. Non so se questo possa servire a voi che avete responsabilità diverse delle mie, ma certamente è una parabola che riguarda tutti, nessuno escluso, dai più grandi ai più piccoli. Indica
che la nostra vita non è un gioco fatuo e vuoto: proprio perché impegna interamente Dio, impegna interamente ciascuno di noi, il nostro presente e il nostro futuro. Ho trovato opportuna e in consonanza con la parabola evangelica, la seguente riflessione di Don Francesco Cosentino, giovane teologo e professore alla Pontificia
Università Gregoriana di Roma, che desidero condividere con voi: «Se inizi a pensare che non sei Dio e non devi fare tutto (e sempre bene), le cose cambiano. Certo, c’è una mannaia che colpisce l’inconscio dei preti da cui è difficile liberarsi ed è il trovarsi sempre sotto il giudizio della gente. Ma, forse, una delle più grandi conquiste spirituali per la vita sacerdotale è raggiungere quel grado di “santa indifferenza”, che mentre non diminuisce la tua passione nel dare, ti libera dalle aspettative degli altri. Ci sarà sempre qualcuno, nel mondo, a cui non piacerai. E ci sarà sempre un parrocchiano che avrà qualcosa da ridire su di te. Fattene una ragione e, se puoi, sorridici sopra. Dopo di che, inizierai a non sentirti il “salvatore del mondo” e a scoprire che è già venuto sulla terra e si chiama Gesù! Riconciliarsi con questo aspetto, accoglierlo e farselo amico nella vita sacerdotale potrebbe essere un antidoto nei momenti di difficoltà, ma anche un punto di forza della nostra gioia. Troppi piccoli o grandi momenti
di crisi, nella tua vita di prete, dipendono forse dal fatto che hai messo sotto pressione te stesso. Se sopravvaluti te stesso o rivolgi verso di te richieste eccessive, il rischio della frustrazione, della depressione e spesso perfino della malattia fisica è alle porte».
Siamo tra Scilla e Cariddi, equidistanti da esaltazioni e frustrazioni. Coraggio! – quindi – e avanti!
Buon Natale e Felice Anno Nuovo con
l’augurio speciale di Don Bosco:
«In queste feste stiamo pure allegri; saltate, ridete, ma pensate anche al grande mistero che si sta compiendo. “Un Dio che si fa uomo!… Bisogna pure che la nostra anima sia qualcosa di grande, ché i Cieli e la terra si commuovono, e un Dio viene a farsi bambino proprio per me”, deve dire ciascuno di noi». (DON BOSCO, MB vol. X, p. 1036).
Don Giuseppe Ruta