“Esserci”. Questa parola risuona sin dal primo momento in cui abbiamo messo piede a Tunisi. Questo è quanto ha ripetuto più volte il direttore don Domenico Paternò nell’accoglierci presso la casa salesiana di Manouba. L’importanza di esserci.
Dopo 5 anni, a luglio 2022 quattro giovani volontari del MGS Sicilia, accompagnati dall’animatore missionario ispettoriale don Dario Spinella, hanno vissuto in Tunisia l’esperienza del campo missionario e condiviso per quindici giorni la vita con la comunità salesiana presente a Manouba, periferia di Tunisi.
Tutte le mattine siamo stati impegnati nelle attività estive organizzate in oratorio per i ragazzi del quartiere, giocando insieme a loro e dando, nel nostro piccolo, un contributo.
Nei vari pomeriggi abbiamo avuto modo di incontrare varie figure di riferimento che ci hanno donato tanti spunti di riflessione per conoscere e comprendere l’evangelizzazione in una terra a prevalenza musulmana. Fin dall’inizio don Domenico ci ha spiegato come sia vietato parlare di Gesù e del Cristianesimo in qualunque forma, ma come proprio l’impossibilità di usare le parole abbia dato nuovo vigore e nuova forza a una evangelizzazione che parte dalla presenza e passa dai fatti concreti di ogni giorno, dall’amore con cui ci si spende per gli altri, al di là di qualunque idea o credo. Non parole, ma fatti, reali, concreti e tangibili che parlano di un Dio che è Amore misericordioso per tutti.
Mi piace ricordare il lungo colloquio con don Bashir, missionario siriano da qualche anno incaricato di oratorio a Manouba, proveniente da una lunga esperienza di oratori salesiani aperti ai musulmani. I suoi racconti, le sue riflessioni, la parola riservata ogni giorno ai ragazzi (ricordiamo che l’oratorio è frequentato da adolescenti di fede musulmana e che in Tunisia è vietato nominare il Cristianesimo), ci hanno portato a riflettere sull’essenza di quanto ci unisce, che cioè siamo figli di un unico Dio che ci ama profondamente, e solo da qui possiamo partire per costruire un mondo più giusto e pacifico. Abbiamo avuto modo di conoscere e parlare della storia del cristianesimo in Africa, attraverso la visita alle rovine di Cartagine, al teatro in cui furono martirizzate le sante Felicita e Perpetua e alla basilica di San Cipriano, luogo da cui Agostino è salpato per raggiungere le coste italiane. Con la testimonianza di don Marcos, incaricato di pastorale giovanile della chiesa tunisina, abbiamo approfondito la situazione dei cristiani di Tunisia, in particolare di chi, per seguire il Vangelo di Gesù, ha preso scelte drastiche e dolorose dovendosi allontanare dalle famiglie che difficilmente accettano scelte di questo tipo.
In quindici giorni abbiamo potuto immergerci nella cultura di un paese molto più vicino a noi di quanto potessimo immaginare, siamo stati accolti come figli e fratelli e sorelle dalla comunità salesiana e dagli operatori che coadiuvano i sacerdoti in quest’opera, con momenti di preghiera e fraternità. Quella sensazione di casa e di famiglia che ci portiamo addosso ogni volta che entriamo in una casa salesiana, qui ha assunto una valenza per noi nuova, diversa: abbiamo sperimentato che nè la religione nè la lingua possono rappresentare barriere di separazione se facciamo vincere il linguaggio dell’amore, quello che ci ricorda che siamo figli di un unico Dio e da lui amati. Accompagnati da don Bosco, continuiamo ad essere presenza viva di questo amore infinito e, tornando alle nostre case e ai nostri contesti quotidiani, cerchiamo di mantenere sempre vivo il fuoco di questo amore che è essenzialità e presenza. Esserci, stare con, stare in mezzo ai nostri ragazzi. Al di là di ogni apparente differenza.
Agata Scionti, Oratorio “Santa Chiara” (PA)