Nella lora bella canzone “all you can eat” gli Eugenio in via di Gioia ripetono nel ritornello questa frase che mi ha fatto molto riflettere: «padrone dacci fame abbiamo troppo da mangiare», infatti in questa canzone viene un po’ criticata la società consumistica in cui siamo immersi «il paradosso di chi non ha più fame ma non vuole rinunciare al piacere di mangiare». In questi giorni sul fronte social sembra che l’intero paese frema e scalpiti nel sapere se davvero i Ferragnezsiano arrivati a capolinea o se si tratti dell’ennesima strategia social dei due su cui costruire la loro serie di successo su Prime Video; e in tutto questo marasma di Balocco Gate, FerragnEX, di storie fatte senza fede nuziale, di interviste su giornali e Fabio Fazio di turno mi sono chiesto: ma è davvero questo di cui abbiamo bisogno?
Un antico saggio diceva: “dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”; ecco se le notizie fossero il nostro cibo non potremmo che affermare che la nostra alimentazione sia proprio inconsistente. Ci accontentiamo di contorni che non riempiono la pancia ma che ci fanno sentire come se questo fosse il pasto principale ed è incredibile vedere le persone dire “basta lei ci ha scocciato, non si sopporta più” e poi commentare ogni minima cosa che esce riguardante l’influencer.
Sia chiaro io non sono pro o contro la Ferragni e/o Fedez; d’altro gli schieramenti non mi sono mai piaciuti, in un mondo che gioca a dividere buoni e cattivi dovremmo essere più consapevoli di avere storie davanti, che meritano ascolto. Io non ho visto l’intervista di Domenica scorsa da Fazio di Chiara Ferragni e devo essere sincero l’ho fatto un po’ per scelta, ho preferito leggere un po’ di Zero Calcare e del suo bellissimo fumetto “Kobaine Calling” che aveva raccolto troppa polvere immeritata e che merita un po’ più di attenzioni da parte mia.
Abbiamo troppo da mangiare, siamo informati su tutto e su niente; abbiamo le notizie ad un click ed in tendenza vanno sempre le stesse cose; pensate se tutta l’indignazione usata verso Chiara Ferragni l’avessimo usata verso la riduzione, da parte del governo, dei numeri del Servizio Civile Universale lasciando molti oratori scoperti di giovani volontari; o pensate se avessimo fatto diventare di tendenza sui social il nostro schieramento contro le armi che vengono date e vendute come giocattoli in mano di bambini; o se invece della campagna d’odio avessimo avviato una campagna d’amore e di conoscenza verso quelle realtà che fanno del bene; però effettivamente è più facile lanciare campagne d’odio e criticare scelte sbagliate perché non mi toccano, mi lasciano lindo e pulito; più difficile è invece promuovere esempi; perché chi è d’esempio mi mette in crisi; mi costringe ad interrogarmi su cosa posso fare io.
Non vogliamo rinunciare al piacere di mangiare, d’immergersi in lauti banchetti che non saziano, che non soddisfano, stravolgendo totalmente le nostre priorità, i nostri algortimi che hanno perso appunto il ritmo, che si sono appiattiti, fissi sulla stessa sequenza, su un target esclusivamente utilitarista e non consistente; ma d’altronde credo che il Salmo 114 sintetizzi bene il mio pensiero: «Gli idoli delle genti sono argento e oro, opera delle mani dell’uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno narici e non odorano. Hanno mani e non palpano, hanno piedi e non camminano: dalla gola non emettono suoni. Sia come loro chi li fabbrica e chiunque in essi confida».
Gli idoli ci portano ad essere eterni insoddisfatti, a volere ordinare tutto allo “you can eat” e non gustarci nulla. C’è davvero bisogno di risvegliare la nostra coscienza civile, c’è davvero bisogno di capire cosa è importante per me e la mia vita, c’è da abbattere tutti i nostri idoli come già il Signore suggeriva quando consegnò le 10 Parole a Mosè; non è un caso che Cristo non fosse un amante del condividere tutto e subito ma invitasse i suoi e coloro che guariva al silenzio e alla preghiera; c’è bisogno di tempo per curarsi, forse la guarigione può essere qualcosa di più o meno rapida, ma la cura richiede tempo, richiede interiorizzazione e confronto con persone fidate.
Siamo chiamati a fare ordine, siamo chiamati a capire cosa vale la pena seguire, commentare, incitare, da quale parte schierarci. Questo articolo non vuole essere retorica, ma una piccola riflessione e un piccolo sogno: sogno un giorno che qualcuno dica ad un giovane “sai domani c’è l’intervista di quell’influenzer che ci svelerà tutti i suoi segreti” e che il giovane risponda “Chi se ne frega!”.
Stefano Cortesiano SDB