Il Giovedì Santoè per tutti i cristiani il giorno dell’istituzione dell’Eucaristia e del Sacerdozio, del primato della diaconia e del dono di sé“fino all’ultimo respiro” – direbbe Don Bosco. Il Santo Papa Giovanni Paolo II era solito inviare in tale occasione una lettera ai sacerdoti e anche se questa consuetudine è stata interrotta con Benedetto XVI con l’ultima inviata nel 2006, non sono mancate le occasioni come l’Anno giubilare sacerdotale nel 2009-2010 indetto dallo stesso Papa Benedetto e i vari e numerosi appelli dell’attuale Pontefice[1]. Non manchi inoltre la recente riflessione offerta dal Papa emerito con i forti richiami alla purificazione profonda e all’Eucaristia, al di là delle polemiche e delle interpretazioni più o meno condivisibili di questi ultimi giorni trascorsi[2].
Permettetemi di proporre qualche riflessione che espliciti quanto il magistero pontificio in questi anni ha espresso fino all’ultima esortazione apostolica Christus vivit, come anche riportare quanto è stato proposto di recente dal magistero salesiano.
Come comunità ispettoriale, ci troviamo in questo tempo così speciale di preparazione alla Pasqua, tra due ordinazioni presbiterali: quella di Alberto, già celebrata a San Cataldo il 6 aprile scorso e quella di Dario che vivremo, a Dio piacendo, a Barcellona P.G. il prossimo 24 aprile.
Siamo chiamati a non lasciare scorrere queste opportunità che ci invitano a considerare la nostra chiamata in questo tempo così gravido di responsabilità e di speranza, facendo nostra l’esortazione di Christus vivit (CV):
Chiediamo al Signore che liberi la Chiesa da coloro che vogliono invecchiarla, fissarla sul passato, frenarla, renderla immobile. Chiediamo anche che la liberi da un’altra tentazione: credere che è giovane perché cede a tutto ciò che il mondo le offre, credere che si rinnova perché nasconde il suo messaggio e si mimetizza con gli altri. No. È giovane quando è se stessa, quando riceve la forza sempre nuova della Parola di Dio, dell’Eucaristia, della presenza di Cristo e della forza del suo Spirito ogni giorno. È giovane quando è capace di ritornare continuamente alla sua fonte (CV 35; cfr. CV 161).
Ritornare continuamente alla fonte: è questo l’appello del Papa ai giovani ma anche al popolo di Dio, la Chiesa, chiamata a ringiovanirsi. I giovani costituiscono la “cartina di tornasole” e il “roveto ardente” della nostra identità di consacrati, come Domenico Savio e i giovani santi di Valdocco costituirono per Don Bosco e i primi salesiani lo specchio in cui ritrovarsi come “giovani nello Spirito” in una mirabile moltiplicazione di energie di santità e di missione nel mondo:
Come nel miracolo di Gesù, i pani e i pesci dei giovani possono moltiplicarsi (cfr. Gv 6,4-13). Come avviene nella parabola, i piccoli semi dei giovani diventano alberi e frutti da raccogliere (cfr. Mt 13,23.31-32). Tutto questo a partire dalla sorgente viva dell’Eucaristia, in cui il nostro pane e il nostro vino sono trasfigurati per darci la Vita eterna. Ai giovani è affidato un compito immenso e difficile. Con la fede nel Risorto, potranno affrontarlo con creatività e speranza, ponendosi sempre nella posizione del servizio, come i servitori di quella festa nuziale, stupefatti collaboratori del primo segno di Gesù, che seguirono soltanto la consegna di sua Madre: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Misericordia, creatività e speranza fanno crescere la vita (CV 173).
L’Esortazione apostolica, da noi accolta insieme ai giovani, è un invito pressante ad andare continuamente all’essenziale, distinguendo ciò che passa da ciò che resta, ciò che è passeggero da ciò che rimane per sempre:
Queste e altre diverse possibilità che si aprono all’evangelizzazione dei giovani non devono farci dimenticare che, al di là dei cambiamenti della storia e della sensibilità dei giovani, ci sono doni di Dio che sono sempre attuali, che contengono una forza che trascende tutte le epoche e tutte le circostanze: la Parola del Signore sempre viva ed efficace, la presenza di Cristo nell’Eucaristia che ci nutre, il Sacramento del perdono che ci libera e ci fortifica. Possiamo anche menzionare l’inesauribile ricchezza spirituale che la Chiesa conserva nella testimonianza dei suoi santi e nell’insegnamento dei grandi maestri spirituali. Anche se dobbiamo rispettare le diverse fasi e a volte dobbiamo aspettare con pazienza il momento giusto, non possiamo non invitare i giovani a queste sorgenti di vita nuova, non abbiamo il diritto di privarli di tanto bene (CV 229).
L’esperienza del card. Văn Thuậne di Carlo Acutis
Tante sono le testimonianze che possiamo richiamare alla memoria sull’amore per l’Eucaristia e la sua centralità. Mi limito a qualcuna, chiedendo a ciascuno di aggiungere a dismisura e integrare opportunamente quanto abbiamo ascoltato e condiviso nella nostra vita, contagiati dal fascino di un numero indefinito di santi.
Emblematica è l’esperienza del cardinale François-Xavier Nguyễn Văn Thuận(1928-2002)che negli anni di prigionia dura e impossibile nella sua patria (il Vietnam), non smise mai di celebrare l’Eucaristia in condizioni impensabili e che mettono in crisi e fanno esplodere le tante scuse che avanziamo per non celebrare quotidianamente il memoriale di Cristo morto e risorto per noi. Negli Esercizi Spirituali predicati alla Curia nell’anno giubilare del 2000 egli così la espone:
Quando fui arrestato, non mi lasciarono niente in mano, ma mi permisero di scrivere a casa per richiedere vestiti o medicine. Io chiesi che mi inviassero del vino come medicina per lo stomaco. L’indomani, il direttore della prigione mi chiamò per domandarmi se soffrissi di mal di stomaco, se avessi bisogno di medicina e, alle mie risposte affermative, mi diede un piccolo flacone di vino con l’etichetta: “medicina contro il male di stomaco”. Quello fu uno dei giorni più belli della mia vita! Così, ho potuto celebrare ogni giorno la Messa con tre gocce di vino e una goccia di acqua nel palmo della mano e con un po’ di ostia che mi davano contro l’umidità e che conservavo per la celebrazione. Poi, quando ero con altre persone di fede cattolica, venivo rifornito di vino e di ostie dai familiari che andavano a trovarli. Sia pure in modi diversi, ho potuto celebrare quasi sempre la Messa, da solo o con altri. Lo facevo dopo le 21,30, perché a quell’ora non c’era più luce e potevo organizzarmi affinché sei cattolici fossero insieme. Tutto il gruppo dormiva su un letto comune, testa contro testa, piedi fuori, venticinque per parte. Ognuno aveva a disposizione cinquanta centimetri, eravamo come sardine! Quando celebravo e davo la comunione, sciacquavamo la carta dei pacchetti di sigarette dei prigionieri e, con il riso, la incollavamo per farne un sacchetto dove mettervi il Santissimo. Ogni venerdì, era prevista una sessione di indottrinamento sul marxismo e tutti i prigionieri dovevano parteciparvi. Seguiva, poi, una breve pausa durante la quale i cinque cattolici portavano il Santissimo ad altri gruppi. Anch’io lo portavo in un sacchettino nella mia tasca e la presenza di Gesù mi aiutava ad essere coraggioso, generoso, gentile e a testimoniare la fede e l’amore agli altri[1].
Altrettanto sorprendente è l’esperienza di un adolescente, Carlo Acutis(1991-2006), morto ad appena 15 anni per una leucemia fulminante, dichiarato da poco venerabile da Papa Francesco e citato in Christus vivit(n.104). Dall’età di 7 anni non smise mai di partecipare all’Eucaristia da lui chiamata “l’autostrada del cielo”, pur abitando, come ogni adolescente, questa terra e questo nostro tempo, navigando per il mondo digitale in modo geniale e creativo con la passione di un apostolo della fede nell’Eucaristia[2]. Era questo il segreto per non morire “fotocopie” – come soleva dire – dopo essere stati creati “originali” dalla mano di Dio. Le sue spoglie adesso riposano nella Chiesa della spogliazione di Assisi, perché come ha scritto S.E. Mons. Sorrentino, vescovo di Assisi, Nocera Umbra e Gualdo Tadino: «Anche lui, nelle maniere possibili e nel suo contesto, si è spogliato di sé. Infatti amava dire: “noi io, ma Dio”»[3]. C’è da domandarsi se arriviamo a proporre l’Eucaristia domenicale, e perché no? quella quotidiana, ai nostri ragazzi e giovani. Ma sarà possibile se abbiamo smesso di celebrarla ogni giorno, anche se segnati talora dalla stanchezza e appesantiti dai nostri peccati e dalle inconsistenze umane che ci accomunano?
Tra i santi di casa nostra: Don Quadrio, Alexandrina Da Costa e Nino Baglieri
Papa Francesco ci ha richiamato il rinomato sogno delle due colonne (cfr. MB VII, pp. 169-171) nella sua visita a Valdocco il 21 giugno 2015 ed è stata questa l’icona salesiana per l’anno educativo-pastorale 2017/2018. Insieme alla devozione mariana e alla fedeltà al Papa, l’Eucaristia costituisce un caposaldo insostituibile e imprescindibile della nostra identità e della nostra missione educativa. Nella Strenna 2019 il nostro Rettor Maggiore richiama il valore decisivo rappresentato dalla Prima Comunione per Domenico Savio[1], come lo fu per Don Bosco.Tra i ricordi di Don Bosco a Don Rua che si accingeva a ricevere l’ordinazione sacerdotale c’è il monito ripreso da Don Giuseppe Quadrioin una raccomandazione ai suoi allievi ordinandi:
Celebra ogni tua Messa come se fosse la prima, l’ultima, l’unica della tua vita. Ogni parola sia un annuncio ed ogni gesto un “segno” sacro. Trasforma la tua Messa in vita vissuta e tutta la tua vita in una Messa continua. Ricordati che, chiuso il Messale, la tua Messa deve continuare nella vita[2].
È un’espressione che raccoglie sapientemente il tutto unificante della vita, il cuore pulsante della vita cristiana e il nucleo genetico del carisma salesiano, come afferma il Papa in Gaudete et exultate (GE):
L’incontro con Gesù nelle Scritture ci conduce all’Eucaristia, dove la stessa Parola raggiunge la sua massima efficacia, perché è presenza reale di Colui che è Parola vivente. Lì l’unico Assoluto riceve la più grande adorazione che si possa dargli in questo mondo, perché è Cristo stesso che si offre. E quando lo riceviamo nella comunione, rinnoviamo la nostra alleanza con Lui e gli permettiamo di realizzare sempre più la sua azione trasformante (GE 157).
Non è stata questa l’esperienza di Alexandrina da Costae di Nino Baglieri, di tutti i santi della Famiglia Salesiana e i “santi della porta accanto” che abbiamo avuto la fortuna di incontrare nella nostra vita?Da questa realtà semplice, umile e fondamentale scaturisce il dono e il compito di ogni comunità e di ognuno di noi:
La comunità è chiamata a creare quello «spazio teologale in cui si può sperimentare la mistica presenza del Signore risorto»[3]. Condividere la Parola e celebrare insieme l’Eucaristia ci rende più fratelli e ci trasforma via via in comunità santa e missionaria (GE 142).
Mi permetto di insistere sulla verifica della nostra consistenza eucaristica, a partire dall’esperienza personale quando da direttore ascoltavo i giovani confratelli provenienti dal tirocinio. Qualcuno di essi mi confidava che non gli era stata garantita l’eucaristia quotidiana e, per motivi più o meno plausibili, perfino quella domenicale. Profetica anche la raccomandazione di una mamma che anni fa mi chiedeva se noi salesiani avremmo garantito la forza dell’Eucaristia al figlio che si accingeva a intraprendere la vita salesiana. Mi domandavo, e tuttora m’interrogo, cosa avrebbe detto Don Bosco in queste occasioni. Una coincidenza che definisco provvidenziale fu la lettera dell’allora Rettor Maggiore Don Pascual Chávez dal titolo “Questo è il mio corpo, che è per voi. Fate questo in memoria di me”(1 Cor11,24). Fare l’eucaristia per farsi eucaristia[4], in cui manifestava una sua preoccupazione che dovrebbe diventare anche nostra:
Ho l’impressione, ve lo confesso un po’ impensierito, che tra noi non tutti sono riusciti a fare il cammino che la Chiesa e la Congregazione aspettavano da noi. Dallo studio delle relazioni delle visite straordinarie alle Ispettorie, come pure nelle mie visite d’animazione, sono venuto ad apprendere che c’è in Congregazione un certo deficit di vita eucaristica, anomala situazione per altro non nuova; Don Vecchi, infatti, l’aveva già identificata e descritta con accuratezza;[5]anche solo, ed è un esempio, guardando alla qualità delle nostre celebrazioni comunitarie, egli accennava “alla confusione, alle esaltazioni della spontaneità, alla fretta, alla sottovalutazione della gestualità e del linguaggio simbolico, alla ‘secolarizzazione della domenica’”.[6]Se questa mia percezione fosse corretta, ci sarebbe motivo fondato di preoccupazione. Certo, questo stato non è esclusivo di noi, tocca l’intera comunità cristiana […].[7]Ma nel nostro caso, una mancata o insufficiente vita eucaristica colpirebbe in pieno un elemento fondante del carisma e della pedagogia salesiana; chiamati come siamo “tutti e in ogni occasione a essere educatori alla fede […] camminiamo con i giovani per condurli alla persona del Signore risorto” (Cost. 34). […] Il deficit di vita eucaristica che, a mio avviso, si può nascondere e crescere dietro una vita comunitaria regolare e una prassi apostolica a volte frenetica, si manifesta, basicamente, in primo luogo, con l’incapacità di fare della celebrazione dell’Eucaristia “l’atto centrale quotidiano di ogni comunità, vissuto come una festa” (Cost. 88) e, in secondo luogo, nell’assenza di quello “stupore per il mistero di Dio”,[8]che nasce nella assidua contemplazione del suo amore senza limiti svelato nel Cristo eucaristico, la cui presenza “nelle nostre case è per noi, figli di Don Bosco, motivo di frequenti incontri” (Cost. 88). […] Un amore tanto estremo ci spaventa, svela la povertà radicale del nostro essere: il bisogno profondo di amare non ci lascia tempo, né energie, per lasciarci amare. E, così, preferiamo essere indaffarati, rifugiarci nel fare tanto per gli altri e dare loro tanto di noi,[9]e ci priviamo dello stupore di saperci tanto amati da Dio. Rendercene conto ci obbligherebbe a sentirci, e volerci, indebitati per sempre con Dio, del cui amore, adorato nella contemplazione e ricevuto nella comunione eucaristica, mai saremmo liberi.
Non ci può essere santità senza Eucaristia. Perché come afferma il nostro Rettor Maggiore Don Ángel nel commento alla Strenna di quest’anno:
accostarsi all’Eucaristia significa esprimere e testimoniare che desideriamo assumere e fare nostro lo stile, il modo di vivere e la stessa missione di Gesù Cristo[10].
E riportando l’espressione di Papa Francesco: «Non credo nella santità senza preghiera» (GE 147), – continua:
[…] effettivamente tutto questo è impossibile senza l’intimità con il Signore Gesù: preghiera di ringraziamento, espressione di riconoscenza al Dio trascendente; preghiera di supplica, espressione del cuore che confida in Dio; preghiera di intercessione, espressione di amore fraterno; preghiera di adorazione, espressione che riconosce la trascendenza di Dio; preghiera di meditazione della Parola, espressione del cuore docile e obbediente; preghiera eucaristica, culmine e fonte del cammino di santità[11].
Termino, richiamando l’icona pasquale di Pietro e Giovanniche corrono al sepolcro dopo l’annuncio di Maria Maddalena(cfr. Gv20,1-10), tenendo presente il dipinto più famoso di Eugene Burnand (1850-1921), Les disciples Pierre et Jean courant au sépulcre le matin de la Résurrection(1898, olio su tela, 82×134 cm), conservato presso il Museo D’Orsay di Parigi.
La sentiamo nostra perché avvertiamo di essere rappresentati con le nostre lentezze e affanni da Pietro, come Papa Francesco ci suggerisce. Anche i giovani possono sentirla propria perché impersonati dal «discepolo che Gesù amava» che corre più veloce arrivando prima alla meta:
Cari giovani, sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso. Correte «attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci»[12](CV 299).
Nell’auguravi una Santa Pasqua, trovo splendida per noi e per i giovani questa preghiera di Don Tonino Bello che possiamo pregare insieme nel momento d’adorazione, la sera del Giovedì santo:
Innamorati(Don Tonino Bello)
Signore, se ci innamorassimo di te,
così come nella vita ci si innamora
di una creatura, o di una povera idea,
il mondo cambierebbe.
Accresci la nostra tenerezza per la tua Eucaristia,
verso la quale la disaffezione di tanti cristiani
oggi si manifesta in modo preoccupante.
Stiamo diventando aridi,
come ciottoli di un greto disseccato dal sole d’agosto.
Lascia che la nuvola della tua grazia si inchini dall’alto
sulla nostra aridità.
Signore, in te le fatiche si placano,
le nostalgie si dissolvono, i linguaggi si unificano,
le latitudini diverse si ritrovano,
la vita riacquista sempre il sapore della libertà.
Insegnaci a portare avanti nel mondo
e dentro di noi la tua Risurrezione.
Tu sei presente nel Pane,
ma ti si riconosce nello spezzare il pane.
Aiutaci a riconoscere il tuo Corpo nei tabernacoli scomodi
della miseria e del bisogno, della sofferenza e della solitudine.
Rendici frammenti eucaristici,
come tante particole che il vento dello Spirito,
soffiando sull’altare, dissemina lontano,
dilatando il tuo “tabernacolo”. Amen.
Catania, 17 aprile 2019, Mercoledì Santo
[1]Annota il Rettor Maggiore commentando la Strenna del 2019 sulla santità: «Lo stupore, nella storia di Domenico Savio, è tipicamente eucaristico e trova il suo momento di grazia nel giorno della Prima Comunione, visto come un seme che, se coltivato, è fonte di vita gioiosa e di impegni decisi»: Il RM rinvia a: G. Bosco, Vita del giovanetto Savio Domenico allievo dell’Oratorio di S. Francesco di Sales con appendice sulle grazie ottenute per sua intercessione, Ed. 5, Torino, Tipografia e Libreria Salesiana 1878 in ISS, Fonti Salesiane. 1. Don Bosco e la sua opera. Raccolta antologica, LAS, Roma 2014, p. 1032.
[2]Rip. da: http://www.santiebeati.it/dettaglio/90090 (16aprile 2019).
[3]La citazione tra virgolette è presa da Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsin. Vita consecrata(25 marzo 1996), n. 42.
[4]In “Atti del Consiglio Generale” 88(2007) 398, pp.3-44. La citazione che segue si trova alle pp. 11-14.
[5]Cfr. J. E. Vecchi, “Questo è il mio corpo, offerto per voi”, in ACG81 (2000) 371, pp. 6-14.
[6]Cfr. L. van Looy, La celebrazione eucaristica della nostra comunità. Per una verifica della qualità, in ACG81(2000) 371, p. 53.
[7]Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia. Lettera Enciclica sull’Eucaristia nel suo rapporto con la Chiesa. 17 aprile 2003, 10.
[8]Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis. Esortazione Apostolica postsinodale. 22 febbraio 2007, 41.
[9]“Il contributo essenziale che la Chiesa si aspetta dalla vita consacrata è molto più in ordine all’essere che al fare” (Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, 81).
[10]Strenna 2019 del Rettor Maggiore Don Ángel Fernández Artime «Perché la mia gioia sia in voi» (Gv 15,11)#La santità anche per te, Roma 2018, p. 8.
[11]Ibidem, p. 28.
[12]Papa Francesco, Incontro e preghiera con i giovani italiani al Circo Massimo a Roma(11 agosto 2018): L’Osservatore Romano, 13-14 agosto 2018, p. 6.
[1]Ripreso da: http://www.atma-o-jibon.org/italiano7/van_thuan_speranza2.htm (16aprile 2019).
[2]Ancora oggi è visitabile il sito web sui miracoli eucaristici da lui ideato e realizzato: http://www.carloacutis.com/it/association/mostra-miracoli-eucaristici.
[3]Originali non fotocopie. Carlo Acutis e Francesco d’Assisi, Edizioni Francescane Italiane, Assisi 2019.
[1]Richiamo tra i tanti quello disponibile su youtube Papa Francesco legge la lettera di un Parroco durante il Giubileo dei sacerdoti. HD, in https://www.youtube.com/watch?v=s3Pqres2tXc.
[2]Il Papa emerito ha scritto sotto forma di appunti un report sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica che è stato pubblicato dal mensile tedesco Klerusblatted è stato reso disponibile per il pubblico italiano dal Corriere della Serail 19 aprile c.a.: https://www.corriere.it/cronache/19_aprile_11/papa-ratzinger-chiesa-scandalo-abusi-sessuali-3847450a-5b9f-11e9-ba57-a3df5eacbd16.shtml?refresh_ce-cp